Politics mette in mostra il già visto

Ha ancora senso oggi un programma, sui canali generalisti, che si occupi a tutto tondo di politica?

Politics mette in mostra il già visto

I lettori più attenti lo ricorderanno, nel 2003 uscì il romanzo dell'inglese Adam Thirlwell dal titolo Politics, in cui di tutto si parlava (soprattutto di sesso e di cultura giovanile) tranne che di politica. Lo spunto, però, è interessante: ha ancora senso oggi un programma, sui canali generalisti, che si occupi a tutto tondo di politica? E, soprattutto, tale argomento è in grado di attrarre un pubblico più fresco di quello che normalmente segue i talk show televisivi di attualità che, peraltro, si somigliano tutti?

Questa la sfida, nella nuova Rai3 targata Daria Bignardi, di Politics, che ha esordito in prima serata lo scorso martedì, condotto da Gianluca Semprini, che di fatto sostituisce Ballarò. Se c'è un pregio è la durata contenuta, circa un'ora e mezza, rispetto a format solitamente interminabili. La sensazione diffusa però è quella della noia, la riproposizione del già visto e già sentito, perché la politica, almeno se trattata in questa maniera, non interessa davvero più a nessuno. Concetto espresso peraltro da Giulio Tremonti, uno degli ospiti: la politica non è tutto, la vita è ben altro.

Nel primo round, dunque, non si poteva non affrontare il tema dell'ennesima crisi romana, con il sindaco Virginia Raggi presa in mezzo dal tipico sistema delle corruzioni e della cattiva amministrazione, nonostante il suo partito si proponga come quello degli onesti e dei puri. Sono bastati solo pochi mesi e Roma ha inghiottito pure loro, non si capisce se perché anche gli esponenti del M5S sono uguali agli altri (cosa molto probabile) o perché nella Capitale le cose vanno così fin dai tempi di Giulio Cesare e nessuno potrà mai cambiarle. Ne hanno discusso in studio i direttori del Foglio Claudio Cerasa e dell'Espresso Tommaso Cerno, esprimendo anche concetti interessanti; ma mentre il conduttore attendeva che l'inviata dal Campidoglio informasse in diretta sulle decisioni del cosiddetto direttorio, su Twitter le notizie già circolavano da tempo. Ecco perché questo modo di fare informazione non è più al passo coi tempi, anzi nasce vecchio e inadatto.

E pure la trovata della sedia vuota al posto dell'ospite assente, Luigi Di Maio, appartiene al repertorio del già visto, ché forse il Semprini si ricordava dello show di Clint Eastwood (altra stoffa) quando si rivolgeva all'immaginario Obama.

Il resto di Politics scivola via nell'ordinario: l'inchiesta sui rifiuti in cui è stata coinvolta l'assessore Muraro, il confronto tra il ministro Martina e il senatore Tremonti assolutamente dimenticabile, con un colpo di coda finale: la prima e unica partecipazione in tv del sindaco di Amatrice dopo il terremoto.

Sergio Pirozzi è un uomo semplice, sanguigno, diretto, e molti telespettatori lo avranno preso a modello rispetto a tanti inutili professionisti della politica e alle loro maschere. Peccato che di mezzo ci sia la solita devastante tragedia a influenzare il nostro giudizio.

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