La Pomodoro apre al governo: sì alla riforma

MilanoÈ solo un breve passaggio in un lungo e appassionato discorso. Poche parole che, però, assumono un significato speciale. Perché speciale sono il giorno - quello della memoria - e il luogo in cui vengono pronunciate: il tribunale di Milano, davanti alla lapide che ricorda Emilio Alessandrini e Guido Galli, i due magistrati milanesi uccisi da Prima Linea tra il 1979 e il 1980, e «tutti coloro che hanno perso la vita in difesa della legalità repubblicana». E sono ancora più significative perché a pronunciarle è il presidente del palazzo di Giustizia del capoluogo lombardo, Livia Pomodoro. «Al di là di ogni pregiudizio ideologico - dice davanti a una piccola folla di giudici, pubblici ministeri, autorità e cittadini, oltre ad alcuni tra i partenti delle vittime del terrorismo - siamo pronti al confronto per contribuire alla necessaria riforma della giustizia». Il presidente del Tribunale, così, apre al dialogo nonostante il clima da scontro perenne fra toghe e classe politica.
Una cerimonia, quella di ieri, «fortemente voluta» dalla Pomodoro, che fuori dal tribunale ha fatto appendere tre gigantografie che ritraggono Galli, Alessandrini e l’avvocato Giorgio Ambrosoli, il liquidatore della Banca Privata assassinato nel 1979 dalla mafia su mandato del banchiere Michele Sindona. Immagini che hanno accolto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ieri mattina in aula in occasione del processo Mills. Quelle tre immagini - volute dal presidente del Tribunale - hanno fatto pensare a una sorta di replica polemica dell’ordine giudiziario alle manifestazioni pro-Cav che da settimane ormai si ripetono davanti al Palazzaccio in occasione delle udienze che vedono imputato il premier. Le parole pronunciate nel pomeriggio, invece, sembrano stemperare il clima.

Del resto, anche Berlusconi - pur chiedendo una commissione d’inchiesta «per verificare se ci sia un’associazione a delinquere» tra i pm di Milano - aveva voluto ricordare i «valorosi magistrati vittime innocenti del terrorismo», parlando di «figure eroiche cui tutti dobbiamo tributare il massimo della riconoscenza». Prove tecniche di dialogo, dunque, nella giornata della Memoria. Almeno fino alla prossima accusa reciproca di eversione.

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