Pregiudicati tra i tassisti, ritirate 96 licenze

L’operazione ordinata dalla Procura di Roma

Un blitz in piena regola, coi citofoni delle case che suonano all’alba e un piccolo esercito di agenti della municipale che tira giù dal letto un centinaio di tassisti. Quelli che, secondo la Procura, avrebbero falsificato più di un documento per ottenere le licenze. A fine giornata sono 96 le licenze sequestrate dai vigili urbani e altrettante le auto bianche con i tassametri sigillati.
È stato il gip Marina Finito, su richiesta del pm Carlo Lasperanza, ad autorizzare le perquisizioni. Le accuse per gli indagati sono quelle di associazione a delinquere, false dichiarazioni in atto pubblico e induzione in errore di pubblico ufficiale. I tassisti, al momento di presentare la domanda per la licenza, dal 2000 al 2006, avrebbero sostenuto falsamente di avere i requisiti necessari per il rilascio o il rinnovo dell’autorizzazione, inducendo in errore i funzionari del VII dipartimento del Comune e della Camera di Commercio. In particolare avrebbero «dimenticato» di scrivere nelle dichiarazioni sostitutive di atto notorio di avere precedenti penali: a chi ha avuto guai con la legge, infatti, è preclusa la possibilità di ottenere il rilascio o il rinnovo della licenza per l’esercizio di taxi. C’è una legge regionale del ’93 che impone a chi chiede di poter guidare un taxi di essere in possesso dei «requisiti morali». È necessario non aver riportato condanne irrevocabili per una serie di reati che vengono ritenuti ostativi né condanne che comportino determinate misure interdittive. E invece, a quanto pare, tra i tassisti oggetto del blitz c’è una folta delegazione di pregiudicati. Uno al quale il Comune aveva rinnovato la licenza era stato addirittura condannato per violenza sessuale. Gli altri erano stati processati e ritenuti colpevoli chi per usura, chi per truffa, chi per furto, porto illegale o ricettazione di armi, gioco d’azzardo. Eppure sono riusciti tutti ad ottenere il necessario pezzo di carta senza intoppi. Tutto bene finché, dopo l’aggressione subita da una troupe di Matrix, non sono cominciate le indagini dell’VIII gruppo della municipale. Poi c’è stata l’aggressione a Pasquale Leonardo, il noleggiatore morto in seguito ad una lite con un tassista (al quale è stato notificato in carcere il provvedimento di sequestro della licenza, ndr) avvenuta lo scorso 7 dicembre davanti all’hotel Hiberia e l’attenzione degli investigatori si è focalizzata sempre più sui tassisti e sulle modalità con cui questi avevano ottenuto le licenze. Il risultato degli accertamenti è stato sorprendente e il magistrato non ha perso tempo. Dopo aver verificato la documentazione sequestrata e aver accertato le violazioni, il pm ha disposto le perquisizioni. Nulla sarebbe emerso a carico del personale dell’amministrazione capitolina e del VII dipartimento. Duecentocinquanta vigili, coordinati dal comandante dell’VIII gruppo Antonio Di Maggio, ieri mattina alle quattro si sono presentati in casa dei tassisti sotto inchiesta e gli hanno ritirato sia le licenze sia le targhette di riconoscimento all’interno dei taxi. Poi hanno messo i sigilli ai tassametri. Qualcuno ha cercato di fare il furbo, come un tassista del litorale che agli agenti ha provato a dire di non ricordare dove aveva parcheggiato la sua macchina, ma per il resto tutto si è svolto senza difficoltà. Le modalità dell’operazione non sono piaciute a Loreno Bittarelli, presidente della cooperativa 3570: «Tutto questo ricorda i rastrellamenti e la Gestapo, nemmeno i camorristi vengono trattati in questo modo».


Il sindaco Veltroni dice che «le anomalie devono essere affrontate» e riguardano chi le ha fatte «non l’intera categoria». Per l’assessore alla Mobilità Mauro Calamante «va cambiata la legge regionale che stabilisce i requisiti per mantenere l’iscrizione a ruolo».

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