Renzi sì, Renzi no. Il «campo largo» cerca di sciogliere il rebus dell'«allargamento». Nel mentre in Liguria Nicola Morra fa una mossa grillina, soprattutto nel senso di Beppe. Sul piano nazionale, Giuseppe Conte chiude al rientro - o «resurrezione» - dell'ex premier e leader d'Iv. «Un harakiri - dice - dal costo altissimo». «Una scelta - aggiunge - incomprensibile per gli elettori». Anche perché il «campo largo» dev'essere tutto «etica pubblica» e «lotta all'affarismo». Michele Emiliano, governatore della Puglia, si iscrive volentieri al coro e definisce «minimale» il contributo renziano al centrosinistra. Poche ore prima Goffredo Bettini, stratega romano e plenipotenziario dem, aveva aperto al leader Iv dalle pagine del Fatto: «Giusto far cadere i veti». Ma niente «chiavi dell'allargamento». Renzi replica subito a Conte e la mette sulla politica estera. Fa sapere che lui è senza dubbio «dalla parte di Kamala Harris» e non da quella di Donald Trump. Il riferimento è al presunto neutralismo di Conte in materia Usa. «Progressisti contro sovranisti», specifica il leader Iv. Renzi ribadisce la sua visione del mondo: a decidere non può essere Mosca, afferma. Sono tutte stoccate al Conte-pensiero e alla versione anti-sistemica del leader 5S. Sullo sfondo la Liguria. La candidatura di Nicola Morra, ex presidente della commissione Antimafia, è ufficiale. Sabato sette settembre la discesa in campo a La Spezia, con Mattia Crucioli e altri «grillini delle origini». La stessa area politica che qualche settimana fa ha sottoscritto una lettera al vetriolo contro Conte e chiesto un incontro al garante. In Liguria le insegne saranno quelle di «Uniti per la Costituzione». Non è ancora il Movimento 5 Stelle bis di Grillo e Davide Casaleggio ma è qualcosa che gli somiglia, almeno nelle forme. È almeno un esperimento. Elly Schlein, sulle Regionali liguri, temporeggia. Andrea Orlando, candidato in pectore del «campo largo», può contare su tanti «sì» ma tutti generici: quello del Pd, quello dell'ex premier giallorosso, con il passo indietro di Luca Pirondini, e quello di Azione di Carlo Calenda. Gli azionisti in pubblico tirano la corda ma se è vero che sono i fatti a parlare, allora molti fanno notare la presenza degli azionisti liguri alle manifestazioni anti-Toti. Quella per chiedere le dimissioni di un indagato. Comunque, a Orlando manca la ratifica ufficiale. L'esponente dem preme: «La mia candidatura è lì, non facciamola scadere come uno yogurt». Ma a Orlando manca anche il «centro del centrosinistra», ossia proprio Italia viva. Una formazione che cerca di trarre forza dai sondaggi. «In Liguria si vince di qualche punto, non di molto. E noi siamo fondamentali», dicono fonti genovesi di Iv. «Noi diremo di sì solo ad alcune condizioni, prima su tutte l'istituzione di un tavolo programmatico». Ma il rischio è che l'inghippo sia sulle infrastrutture: Avs non ne vuol sentir parlare. L'ipotesi che i renziani guardino verso il centrodestra non c'è. L'ipotesi che Iv vada da sola, puntando a un 2-3% che potrebbe influire sull'esito, sì. Orlando intanto insiste: «Sono ore decisive».
E se alcuni «passi in avanti» sono stati fatti, per l'ex ministro del Lavoro il «campo largo» non deve «giocare a Risiko». È la giornata delle metafore. E tutti aspettano una parola concreta da Schlein, che dalle varie feste dell'Unità alza il tiro contro il governo ma non scioglie il nodo gordiano della candidatura ligure.
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