«Adesso ci deve dire cosa stava nascondendo, il perché ha fatto quel che ha fatto». Tullio Mastrangelo, il comandante della polizia locale di Milano, ieri ha dormito per la prima notte dopo la tragedia di giovedì alla Bovisa. Ringrazia tutti per l’arresto di Goico Jovanovic il comandante: la procura, la squadra mobile, il questore Marangoni, il sindaco Pisapia, l’assessore comunale alla Sicurezza Granelli e, naturalmente, anche gli uomini dei carabinieri e della guardia di finanza che hanno affiancato i «suoi» vigili alla ricerca dell’auto che aveva ucciso il povero ghisa di quartiere Nicola Savarino. «Quel Goico Jovanovic è un vero balordo, che si muoveva usando alias sempre differenti - trova la forza di sfogarsi Mastrangelo -. Un criminale che ha avuto una vera e propria rete di protezione mossasi in suo soccorso, per aiutarlo a fuggire, dopo l’omicidio, con mezzi, denaro e fornendogli pure documenti falsi...Ora dovrà spiegare ai magistrati cosa voleva nascondere a ogni costo per arrivare a uccidere a quel modo il nostro vigile».
Goico Jovanovic a Milano sono in molti a non conoscerlo. Molto più noto con alcuni dei suoi numerosi alias - Remi Nikolic, Goico Nikolic o Davide Jovanovic, tanto per citare i più recenti - secondo gli investigatori della sezione omicidi della squadra mobile il giovane slavo 24enne nato in Germania, ha precedenti per furto e truffa. Anche al momento dell’arresto, al confine tra l’Ungheria e la Serbia, mentre si apprestava a raggiungere l’aeroporto di Belgrado per scappare in Sud America, la polizia sostiene di averlo trovato in possesso di arnesi per lo scasso.
Un confine molto labile quello tra il legale e l’illegale per il balordo slavo. Di giorno impegnato in truffe di ogni genere, in particolare quelle realizzate con lo scambio di banconote false (una tecnica nota come rip-deal, ndr), protetto da una falsa società d’immagine e pubbliche relazioni e in giro a bordo di macchinoni intestati a prestanome compiacenti anche per poche centinaia di euro. Settimane scandite tra Milano e l’appartamento di Busto Arsizio (dove abitano le sorelle e dove il ragazzo ha la sua residenza ufficiale) e qualche campo nomade milanese, in compagnia di balordi della sua stessa risma. A volta qualche intoppo, una grana: un controllo delle forze dell’ordine, una multa, una denuncia. Per lui, in fondo, solo un’occasione per servirsi di qualche alias tirato fuori all’occorrenza. E uscire così dai guai.
La sera Goico la passa a bighellonare a Milano tra un night e l’altro con qualche amico. Come quel nomade sinto (il padre è genovese, la madre slava) di 28 anni con il quale era a bordo dell’ormai arcinoto Bmw X5 color bronzo il giorno dell’omicidio, giovedì, alla Bovisa. Ed è proprio dai controlli fatti sulla vettura trovata dai vigili 5 ore dopo la morte del povero Savarino in via Lancetti, parcheggiata regolarmente ai lati della strada dov’è stata abbandonata dopo il fattaccio, che emergono chiaramente, fino a ottobre 2011 (data in cui la macchina viene intestata all’ennesima prestanome) alcuni degli alias di Goico Jovanovic.
«Da lì sono iniziate le indagini: se non avessimo trovato la macchina l’assassino l’avrebbe fatta franca» conclude con soddisfazione lo stremato Mastrangelo.
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