Primo maggio, anche Cisl e Uil contro Ferrante

Ma il viceministro al Lavoro Sacconi avverte: «La festa dei lavoratori non può essere occupata dalla sinistra»

Primo maggio, anche Cisl e Uil contro Ferrante

Antonio Signorini

nostro inviato a Locri

Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani sceglie un silenzio diplomatico sul caso Moratti-Ferrante. Gli altri due leader confederali, Raffaele Bonanni della Cisl e Luigi Angeletti della Uil, invece parlano. E dalle loro parole si ha l’impressione che Bruno Ferrante, l’ex prefetto e candidato a sindaco di Milano per l’Unione, abbia scavalcato a sinistra un bel pezzo del sindacalismo italiano. «Abbiamo fatto bene a invitarla ed è inaccettabile che ci siano dei veti», dice Angeletti nell’aereo che lo sta portando in Calabria. Il segretario della Uil è in viaggio insieme al leader della Cgil e un altro centinaio di persone che parteciperanno oggi alla manifestazione unitaria di Locri per il Primo maggio, quest’anno dedicata alla legalità e alla lotta alle mafie. Bonanni è arrivato in Calabria il giorno prima. Ma anche lui, alla vigilia della manifestazione calabrese, fa sapere ai colleghi sindacalisti del Nord che non è il caso di porre veti alla partecipazione di Letizia Moratti. Anche perché l’invito è partito dai sindacati ed è indirizzato ad entrambi i candidati alla guida di Milano: «Dopo una campagna elettorale avvelenata dovremmo ricreare un clima positivo e unitario. È stato un fatto positivo l’invito fatto ai due candidati, ora non bisogna strumentalizzarlo. Tutti dovrebbero piuttosto lavorare per la coesione sociale, il Paese ne ha bisogno». Tra gli autobus che trasportano i sindacalisti dall’aeroporto di Lamezia Terme a Locri spunta anche Cesare Damiano, responsabile Lavoro dei Ds, che offre una lettura diversa: «La festa dei lavoratori è di tutti quelli che condividono le ragioni del lavoro. E i sindacati hanno fatto bene a invitare entrambi i candidati, ai quali spetta poi decidere se partecipare». Ma la decisione di Letizia Moratti di partecipare «non è stata opportuna». Decisamente più radicale l’analisi di Oliviero Diliberto dei Comunisti italiani che si dice «contrario» ad un nuovo caso di fischi contro l’ex ministro dell’Istruzione dopo quello del 25 aprile, ma assicura che è «lei che sta andando in cerca di fischi ed è stato un errore del sindacato quell’invito alla manifestazione». Il centrodestra punta i riflettori sulle parole dell’ex prefetto è il centrodestra. Maurizio Gasparri di An le legge come un segnale di nervosismo per «l’inevitabile sconfitta elettorale». Ferrante «si vergogni e chieda scusa». D’accordo il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi: «Un ex prefetto di una Repubblica fondata sul lavoro offende contemporaneamente Letizia Moratti e milioni di lavoratori autonomi con una affermazione stupida e classista». «Dopo certe dichiarazioni farebbe bene a dimettersi da candidato sindaco», concludere Roberto Calderoni della Lega nord. «La festa dei lavoratori è di chiunque lavori e non solo di chi sventola una bandiera rossa con falce e martello». Sotto traccia, incalza proprio il dibattito sull’esclusività del Primo maggio. «Sarà il trionfo dei vetero-classisti», assicura Benedetto della Vedova, presidente dei Riformatori liberali. Anche secondo il sottosegretario al lavoro Maurizio Sacconi c’è il rischio che la sinistra “occupi” la festa del lavoro. «Gli atti di intolleranza nelle relative manifestazioni – sottolinea Sacconi – sono vere e proprie prove di regime. In un paese diviso politicamente diviso a metà sarebbe ancora più assurda l’occupazione di queste celebrazioni ad opera di una sola parte». A dimostrazione che il Primo maggio non è monopolio della sinistra, oggi anche l’Ugl – il sindacato tradizionalmente vicino alla destra – festeggerà per la prima volta in piazza, in una città tradizionalmente di sinistra.

«Abbiamo scelto Terni – spiega il segretario generale Renata Polverini – perché rappresenta un simbolo dell’industria nazionale e proprio da qui l’Ugl vuole lanciare un messaggio al nuovo governo affinché il lavoro venga riportato al centro delle politiche economiche».

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