Pro Patria, ultima nobile decaduta di un calcio che non ce la fa più

A 90 anni esatti dalla sua fondazione, la Pro Patria viene dichiarata fallita dal tribunale di Busto Arsizio, ma ha concrete possibilità di restare in vita e magari di festeggiare questa travagliata stagione con la promozione in B. Già, perché la squadra è prima in classifica nella Lega Pro, la vecchia C1, insieme con il Cesena al quale renderà visita lunedì sera in una sorta di spareggio. A essere pignoli non stiamo parlando del glorioso club che militò per 14 volte in Serie A, l’ultima nel 1955-56, ma della società rilevata nel 1995-96 dalla Gallaratese in seguito alla mancata iscrizione al campionato di D. La storia però non si può cestinare per un burocratico cambio di nome, come sanno i tifosi di Napoli, Fiorentina e Palermo, passati fra le forche caudine di canovacci analoghi. A dispetto di questo provvedimento, la Pro Patria non chiuderà i battenti perché continuerà a difendere primato e ambizioni grazie all’esercizio provvisorio concesso ieri mattina dai magistrati della città bustocca.
Troppi debiti, all’incirca due milioni di euro. Per questa ragione i giudici hanno emesso la sentenza che non rappresenta l’aspetto peggiore della vicenda, perché congela il titolo sportivo in attesa del passaggio a nuove e più capienti forze dirigenziali. Basta che entro aprile siano pagati gli stipendi con tanto di contributi previdenziali e che prima del 30 giugno sia conclusa la vendita all’asta. Altrimenti addio iscrizione alla prossima stagione. Con questo iter si salvò un anno fa il Lanciano, dichiarato fallito l’8 aprile. Il tribunale non ha accettato la richiesta del presidente uscente, Giuseppe Zoppo, che attraverso il suo legale si era detto disponibile a soddisfare le richieste dei sette creditori firmatari dell’istanza di fallimento e ha nominato Lorenzo Regalia quale curatore fallimentare.
E il futuro, direte? Alla Pro Patria è interessato un imprenditore della logistica con sede a Bergamo che nella giornata di ieri ha trovato un accordo di massima con la famiglia Vender, ex proprietaria della società, che fra l’altro vanta crediti per alcune centinaia di migliaia di euro, e altri due gruppi industriali. Si parla anche di far entrare nell’azionariato i tifosi con una partecipazione di almeno il 10%. Al momento sono proprio loro a pagare le spese di trasferta, fra questi il sindaco Gigi Farioli che fa da garante alla nuova operazione ed è intervenuto in prima persona per consentire gli spostamenti in pullman della squadra.
In questa vicenda i giocatori rivestono un ruolo primario perché, pur non ricevendo lo stipendio da alcuni mesi, non intendono avvalersi della facoltà di mettere in mora la società e quindi di svincolarsi a costo zero. Il discorso riguarda in particolare i due big Fofana e Toledo, in prestito dal Ravenna: «Non possiamo abbandonare la squadra e gettare a mare il lavoro fatto in questi mesi. Andiamo avanti con l’obiettivo di vincere il campionato e di entrare nella storia sportiva della città». È quanto si augura il tecnico Lerda che ha fatto della Pro Patria un autentico gioiello con un attacco atomico e una difesa quasi imperforabile. A dimostrazione che prima dei soldi arrivano le motivazioni. Ma resta l’amara realtà di una dirigenza che ha costruito una squadra formidabile senza averne i mezzi.

Cosa dovrebbero dire le avversarie che invece hanno rispettato il budget? Se non è doping amministrativo, poco ci manca. Ma le regole del calcio sono farlocche anche all’interno di una Lega che ha le mani legate di fronte a comportamenti illegittimi. Vedi i pagamenti in nero.

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