Prodi cerca posto agli sconfitti Amato e D’Alema

Rutelli verso i Beni culturali, Rosy Bindi all’istruzione e la Turco si divide tra un ministero e la poltrona di senatrice

Antonio Signorini

da Roma

L’organigramma del governo doveva essere già pronto, custodito da Romano Prodi in attesa del nuovo presidente della Repubblica. Ora che Giorgio Napolitano ha conquistato il Quirinale, dalla tasca del Professore è uscita una lista traballante e magmatica. La manutenzione, iniziata nei giorni scorsi, impegnerà tutte le forze dell’Unione fino al giuramento del nuovo governo che potrebbe avvenire giovedì 19 maggio. Le consultazioni, nei progetti dell’Unione e salvo sorprese, dovrebbero partire già martedì, subito dopo il cambio della guardia al Quirinale. Mercoledì l’incarico a Prodi e il giorno dopo la sfilata dei ministri davanti al nuovo Capo dello Stato. Venerdì dovrebbe poi iniziare il tour parlamentare per la fiducia, a partire dal Senato. Ma non sono esclusi slittamenti, visto che di buchi da riempire e riserve da sciogliere ce ne sono molte. «Ci saranno sicuramente nei prossimi giorni delle tensioni», ha ammesso lo stesso Prodi. Che però assicura: saranno malumori «dei singoli individui» dovuti al fatto che «i posti di governo sono limitati, e i desideri e le ambizioni legittime». In realtà le grane principali riguardano il primo partito della coalizione: il numero di dicasteri da dare ai Ds, chi tra Massimo D’Alema e Piero Fassino (i due hanno aperto uno scontro interno nei Ds), guiderà la delegazione al governo. E non sono le sole.
La partita del Quirinale ha ad esempio lasciato segni profondi nei rapporti tra il centrosinistra e Giuliano Amato. Il costituzionalista senza partito ieri si è tenuto fuori da tutti i totoministri e ha risposto bruscamente a chi gli chiedeva se fosse veramente il candidato al ministero della Giustizia. «Ma quale ministero della Giustizia? Non leggo i giornali, non sempre ci colgono...». Una freddezza che il leader del centrosinistra spera di far rientrare quando si tratterà di stringere: «Amato è un elemento prezioso», ha detto dopo averlo incontrato.
Per la poltrona da Guardasigilli ieri è stato anche fatto il nome del prodiano Arturo Parisi, in ballo insieme allo stesso Amato anche per il dicastero dell’Interno e per quello della Difesa, conteso questa volta da Marco Minniti. Nessuna sorpresa, per il momento, per gli Esteri, assegnati a D’Alema, anche se il trasporto con cui Prodi ha auspicato una sua partecipazione al governo («Ho il desiderio vivo» di averlo nell’esecutivo), fa pensare che con il presidente Ds non tutto sia chiarito e sarà necessario placare la sua ira con qualcosa di più che la Farnesina.
Ormai certa la postazione di Francesco Rutelli a capo di un ministero dei Beni culturali rafforzato. Il leader della Margherita si gioca semmai la partita del vicepremierato, scontrandosi con il desiderio di D’Alema di fare da solo il numero due di Prodi. Un altro punto fermo è quello del ministero dell’Economia, saldamente in mano a Tommaso Padoa Schioppa. La partita di via XX settembre si gioca solo sulle seconde file, che saranno tutte «politiche», a partire dal posto da viceministro, prenotato da Laura Pennacchi dei Ds. Garantito anche Pier Luigi Bersani alle Attività produttive.
Traballa, invece, la poltrona di Paolo Gentiloni della Margherita, che potrebbe andare alle Comunicazioni, ma le cui quotazioni ieri erano date in calo, a favore di un esponente dei Ds. A sfavore di Gentiloni gioca anche una inedita bega tutta romana. Il sindaco della Capitale Walter Veltroni si è preoccupato per l’eccessivo peso di ministri romani della Margherita inseriti nella lista: Linda Lanzillotta alla Funzione pubblica, Gentiloni alle Comunicazioni e lo stesso Rutelli. Un «filotto» Dl che potrebbe mettere in ombra il sindaco Ds.
Non ci dovrebbero essere problemi per l’Istruzione la cui delega andrà a Rosy Bindi né per le Politiche sociali, prenotate da Paolo Ferrero di Rifondazione comunista. Continua invece a creare tensioni il caso di Livia Turco che dovrebbe andare alla Sanità, ma che vorrebbe mantenere anche la poltrona da senatrice, ottenendo una deroga al metodo deciso nella coalizione.

La Turco potrebbe finire anche al ministero del Lavoro, dove le parti sociali vedrebbero meglio un interlocutore abituale come Cesare Damiano dei Ds, uno degli autori del delicato compromesso sulla riforma della Legge Biagi.

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