Il Prof ha la squadra più costosa di sempre

L’importo è più del triplo rispetto a quello dell’esecutivo Berlusconi. Determinante l’alto numero di membri non parlamentari

Antonio Signorini

da Roma

Quando al Senato Romano Prodi ha annunciato il dimezzamento delle scorte al servizio del personale politico forse stava pensando agli effetti che il suo governo rischia di avere sul già disastroso traffico di Roma. L’esecutivo dell’Unione è composto da ben 99 persone, contando solo i neoministri (25) e i relativi viceministri e sottosegretari (73). Troppi per le strade della Capitale, già sature di auto blu. Oppure, più verosimilmente, il presidente del Consiglio potrebbe aver voluto dire ai suoi numerosi collaboratori che forse è il caso di stringere la cinghia su tutte le spese accessorie, visto che solo di stipendi il nuovo governo costerà più del triplo rispetto al precedente.
Il calcolo lo ha fatto il quotidiano finanziario Italia Oggi in un articolo a firma Fosca Bincher, pseudonimo del direttore Franco Bechis. Se durerà tutta la legislatura, il secondo esecutivo guidato da Prodi costerà una cifra mai raggiunta nella storia: 73 milioni e mezzo circa di euro, il 230 per cento in più rispetto al governo guidato da Silvio Berlusconi. E a far esplodere il costo del lavoro della politica non è tanto il numero dei ministri. I 99 dell’Unione sono più degli 82 di Berlusconi di inizio legislatura (poi sono aumentati anche quelli), ma non tanto da spiegare una differenza così ampia. Tutto sta - spiega Italia Oggi - nell’aumento dei ministri e dei sottosegretari non parlamentari. Per il momento i ministri con un seggio in una delle due Camere sono 22 su 26, mentre i sottosegretari eletti sono solo 14 su 73. Ai tempi del governo Berlusconi i non parlamentari erano solo cinque ministri e quattro tra sottosegretari e viceministri. Il fatto è che ai «tecnici» spetta una indennità sostitutiva di quella da parlamentare che si aggiunge al reddito base dei ministri e dei sottosegretari. Nel dettaglio, il costo lordo è dato dalla somma dei 5.300 euro che sono lo «stipendio» da ministro e gli 11.200 per l’indennità sostitutiva da parlamentare. Circa la metà di questi ultimi se ne va in imposte o serve a pagare i contributi.
Il risultato è che da oggi fino alla fine del governo se ne andranno in stipendi di ministri, vice e sottosegretari un milione e 230mila euro ogni mese contro i 535.400 euro del precedente governo. In un anno sono 14,7 milioni di euro contro i 6,4 del governo di centrodestra.
Se la moltiplicazione di ministeri e strapuntini governativi è stato il prezzo pagato per accontentare tutti i partiti del governo e ridurre al minimo il rischio di perdere qualche indispensabile pezzo di maggioranza parlamentare, ora l’Unione sembra voglia correre ai ripari per cercare di evitare che lo stesso meccanismo si riproduca a cascata anche ai livelli più bassi. I due esponenti dei Ds Cesare Salvi e Massimo Villone hanno preparato un disegno di legge per limitare l’utilizzo dei collaboratori esterni da parte dei ministeri. Il disegno di legge dovrebbe essere presentato al Senato la prossima settimana e conterrà anche diversi criteri di nomina per i direttori generali della pubblica amministrazione e dei vertici delle società partecipate dello Stato. Potrebbe quindi trattarsi dello spostamento dei poteri su società come Eni, Enel e Finmeccanica dal Tesoro al nuovo dicastero dello Sviluppo, ma questa eventualità è stata di fatto smentita dal titolare Pier Luigi Bersani.
Effetti nefasti del manuale Cencelli? L’Unione un po’ lo ammette, ma dà la colpa al precedente governo. «Troppe le 99 poltrone del secondo governo Prodi? Molte sono figlie di questa legge elettorale che favorisce la frammentazione e obbliga le coalizioni ad allargarsi», ha lamentato il neo ministro per l’Attuazione del programma di governo Giulio Santagata secondo il quale i dicasteri come quello della Famiglia o quello allo Sport sono la risposta «ai cambiamenti della società».

Chi invece pensa che sia stato applicato il classico metodo di spartizione delle poltrone è proprio Massimiliano Cencelli, inventore del manuale: «È stato applicato bene, anche se i Ds dovevano avere un ministero in meno».

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