Il Professore resta sulle barricate E Diliberto: «Sento aria di golpe»

da Roma

«Ho già detto quello che dovevo dire, Berlusconi deve riconoscere come sono andate le cose e credo, dopo quello che ha detto sui brogli, che debba chieder scusa». Romano Prodi racconta di dedicarsi alla Pasqua più serena della sua carriera politica, scherza sulla sua vecchia Multipla (privata della targa diplomatica e ora trasferita da Bruxelles a Bologna, dove ieri scarrozzava il Professore e suo figlio) ma non abbassa la guardia e non si rilassa, cesellando un nuovo affondo su Silvio Berlusconi.
Oliviero Diliberto, leader del Pdci, si spinge ancora più in là, e denuncia: «In questo paese c’è aria di golpe». E il numero tre di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto risponde a stretto giro di posta: «Siamo stati facili profeti quando abbiamo previsto che l'ottusa faziosità di Prodi stava innescando meccanismi assai pericolosi. Adesso l'onorevole Diliberto si permette di parlare di pericoli di golpe e chiama addirittura la vigilanza rivoluzionaria. Siccome Diliberto conosce il senso delle parole usate, ci troviamo di fronte a un irresponsabile che cerca di innescare una situazione eversiva».
Una piccola pioggia di dichiarazioni, quella di Prodi, che fanno pensare a un doppio obiettivo. Il primo, quello apparente, la polemica con la Casa delle libertà e con il suo leader. Il secondo, quello meno visibile (ma non certo meno importante) quello di quadrare i ranghi dopo le mille uscite che hanno ventilato l’eventualità, per lui terrificante delle «larghe intese», il cavallo di battaglia del Cavaliere, l’ipotesi non sgradita a Massimo D’Alema (che solo in questo caso, forse, potrebbe vedere la sua candidatura guadagnare quota in vista del Quirinale). Sembra il remake dell’ottobre 1998, quando Prodi era a Bologna, e dopo aver pronunciato i suoi leggendari tre «no» vide sfumare l’ipotesi del governo bis. Non è certo passato inosservato l’incontro di Prodi con Pierluigi Bersani, che è forse l’uomo più vicino a lui, nei Ds.
La verità è che il fattore tempo gioca contro il leader dell’Unione e rafforza i suoi avversari dentro la coalizione. Ed ecco perché l’unica arma forte, per Prodi, è continuare a chiamare gli elettori di centrosinistra a ricompattarsi nella battaglia contro i Cavaliere e contro i sostenitori del grosse inciucionen (la Grosse coalitionen secondo la sinistra Ds e Rifondazione). Ecco perché dopo la prima uscita Prodi rincarava la dose aggiungendo con un grido dal sen fuggito: «Adesso basta!». Il leader del centrosinistra affida il suo sfogo ad una chiacchierata con l’inviato dell’agenzia Apcom: «Basta dire che l'Italia è un paese spezzato. Non è mica un gioco». E poi: «Abbiamo vinto con la stessa percentuale con cui hanno vinto loro la volta scorsa. Se il paese è spezzato, l'hanno spezzato loro e non certo noi». Di più: «È la democrazia, chi ha un voto in più governa». Silvio Berlusconi «deve riconoscere come sono andate le cose e credo che dopo quello che ha detto sui brogli debba chiedere scusa».
Ma non «a Prodi - aggiunge il Professore - al Paese. La legge elettorale l'hanno fatta loro - carica il leader dell'Unione - hanno fatto una campagna di insulti, hanno buttato fango...».

Ma qui il Professore si interrompe. «Noi siamo diversi, noi vogliamo fare il governo di tutti». Ma se Ciampi si dimetterà prima di dargli l’incarico, le larghe intese saranno sempre più vicine. E «il prodino» sempre più lontano.

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