Proteggiamo il nostro cuore

«Nei mesi estivi - dice il professor Meola - aumentano i pazienti con alterazioni pressorie gravi, ictus e infarti»

Il caldo afoso dell’estate moltiplica i rischi di infarto del miocardio e di ictus cerebrale. L’attenzione si concentra soprattutto su quest’ultimo evento che nei mesi caldi è più frequente. Le alte temperature provocano infatti una marcata vasodilatazione con abbassamento della pressione arteriosa. Segue una ridotta vascolarizzazione cerebrale che predispone all’ictus soprattutto i soggetti anziani (dai 70 anni in su) perché i loro meccanismi di vasoregolazione sono alterati dai processi aterosclerotici legati all’età avanzata.
«Nella mia lunga esperienza - afferma il professor Giovanni Meola che dirige la Stroke Unit dell’Irccs del policlinico San Donato - ho notato sempre un aumento dei casi di ictus nei mesi di luglio e di agosto. Tale crescita non è mai inferiore al 15 per cento. Nella unità specialistica che dirigo, abbiamo registrato in luglio 75 casi contro i 50-55 dei mesi primaverili. Gli ictus estivi sono più gravi perché si accompagnano alle complicanze più temibili». Al Policlinico San Donato il team del professor Meola riesce a monitorare tutte le complicanze del fenomeno ischemico. La prima cura è la somministrazione di soluzioni saline che servono a ristabilire il perduto equilibrio idro-elettrolitico. Subito dopo si passa alla terapia vera e propria con farmaci antiaggreganti che facilitano la fluidificazione del sangue.
«Nella nostra Stroke Unit, che abbiamo inaugurato esattamente un anno fa registriamo giorno dopo giorno prognosi ottimali in termini di sopravvivenza e soprattutto abbiamo dimezzato il rischio della disabilità (cognitiva, motoria, sensitiva) che è a tutt’oggi l’aspetto peggiore dell’ictus cerebrale». Questa patologia è molto più temibile dell’infarto del miocardio perché accanto ad un’alta percentuale di mortalità che va dal 40 al 50 per cento presenta almeno 30 casi di disabilità grave che spesso costringe il malato su una sedia a rotelle. Nei reparti di medicina sopravvivono solo 20 pazienti su cento. Questa situazione drammatica non si registra nelle Stroke Unit dove le cure mirate e la specializzazione del personale medico e infermieristico raggiungono risultati migliori.


«Purtroppo - afferma il professor Giovanni Meola - le Stroke Unit in Italia sono ancora poche e mal distribuite. Tra Milano e la provincia ve ne sono dieci, solo quattro nell’intera regione siciliana. La Società italiana di neurologia si batte per moltiplicarle».

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