La provocazione sotto il sole di Marc JacobsE New York chiude col tartan di Calvin Klein

«Il problema è che ci sono troppe firme e pochi talenti veri» ha scritto Cathy Horyn, critico di moda del New York Times, stroncando senza pietà la fashion week conclusa l'altra sera nella Grande Mela. E in effetti su circa 200 nomi in calendario ce ne sono massimo 20 interessanti e di questi solo 5 sono in grado di dettare autentiche tendenze. Come Marc Jacobs, che ha sfilato giovedì sera invece di lunedì addossando la colpa dalla tempesta di neve. Sembra invece che il problema fosse di tipo tecnico perché la scenografia prevedeva un gigantesco sole appeso sul soffitto della caserma su Lexington Ave che trasformava la luce e di conseguenza i colori proiettando 18 mila watt di fari al sodio giallo sulla grande passerella circolare. L'effetto era straordinario: sotto il sole acceso le modelle sembravano uscite da una foto seppiata e dei vestiti si vedeva addirittura la texture dei materiali ma non le tinte uniformate in diverse sfumature di grigio-giallastro. «Volevo un lavoro sulla semplicità, sulle molte sfumature della vita che per fortuna non è in bianco e nero come io stesso ho fatto in un recente passato» ha detto lo stilista riferendosi alla sua collezione estiva stracopiata da tutti i templi della moda low cost. Stavolta sarà più complicato imitare il sottile gioco di lucido e opaco nella trama dei tessuti oltre che nel taglio dei modelli modernamente chic. Impossibile davvero replicare lo straordinario lavoro di Francisco Costa per Calvin Klein sul tartan nero.

Il classico disegno scozzese evocato nel tessuto dall'alternanza tra lucido e opaco, nella pelle diventa un rilievo e nei modelli da sera nel sofisticato ensemble di trasparenze. Strepitoso il gran finale tutto bianco. Ma tutta questa raffinatezza che a Milano è il minimo sindacale e a Parigi non ne parliamo, sotto le mille luci di New York alla fine sembra fredda: un urlo nel deserto.

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