Quanto coraggio nella donna che resta accanto al traditore

La consorte del capogruppo finiano svela: "Ha avuto una relazione con la Carfagna". Fatti (privati) suoi. Ma Italo aveva sempre negato. Farà ancora prediche sulla moralità?

Quanto coraggio nella donna che resta accanto al traditore

Ci vuole coraggio a essere la mo­glie di un politico. Ci vuole coraggio ad accettarne il tradimento. Ci vuole ancora più coraggio a tenersi il marito mentre si raccontano al mondo le sue malefatte.

Gabriella Buontempo è senza dub­bio una donna coraggiosa. Capace di governare e smaltire quel dolore che esplode e devasta, e si accompagna sempre all’amara delusione dell’in­ganno.

Ci sono due scuole di pensiero sui tradimenti coniugali: l’una li dà per scontati e pratica l’idea, se non sem­pre del perdono, certamente della tol­leranza; l’altra è intransigente e affer­ma che, alla scoperta del misfatto, si debba interrompere il percorso insie­me nel futuro.

Ci sono invece più scuole di pensie­ro tra i complici del tradimento, cioè tra coloro che rendono possibile la sle­altà coniugale con la loro disinvolta partecipazione.

Esistono gli amanti per gioco, per sfi­da o per noia. Pullulano gli amanti in­teressati, quelli che si fanno usare e quelli che usano.

C’è chi crede di essersi innamorato e non è solidale né con la coppia, né con se stesso, giacché si sta fidando di un traditore.

Il tradimento è sempre produttivo di dolore, per tutti coloro che sono in buona fe­de. È l’inizio di una serie di guai, per chi invece è in malafede.

Tuttavia è molto praticato e molto in auge. Da sempre. Mal­grado tutto. Forse perché alcuni giudicano il matrimonio una pri­gione, come quando non esiste­va il divorzio; altri lo interpreta­no come una sicurezza sociale e un’istituzione, senza obbligo di responsabilità affettiva verso il partner.

Fatto sta che molti credono an­cora all’importanza del­la coppia; alla reciproca lealtà, all’impegno senti­mentale. Non controlla­no, non temono. Ce la mettono tutta per regala­re all’altro cure, attenzio­ne e quintali sprecati di fiducia. L’altro, di con­verso, prima o poi tradi­sce.

Colto in fallo, dappri­ma nega, poi rende par­ziali ammissioni, sminu­­isce, banalizza e, infine, o viene cacciato o riesce a tergiversare: fingendo­si costernato, giurando di avere troncato, colpe­volizzando vilmente l’amante, ripromettendo «amo­re ». Con la faccia, ormai indelebi­­le, del traditore ben nascosta die­tro la maschera ridicola del pen­timento.

E il coniuge, soprattutto se don­na, ci casca; sempre che non ab­bia colto l’attimo fuggente del­l’indignazione per liberarsi (an­che qui ci vuole coraggio, però) delle insidiose carezze di chi or­mai è nemico. Perché è certa­mente un nemico chi trama alle tue spalle per darsi un piacere che per te è dolore soffocante.

Ecco perché ho sempre ammi­rato, pur non condividendone il comportamento, chi riesce a convivere con un partner tradito­re: ci vuole una forza emotiva molto grande e variegata, se si è convinti di amare l’altro e non lo si fa per interesse economico o sociale, a ingoiarsi ogni giorno l’amarezza della menzogna e del­l’imbroglio; a digerire l’inevitabi­le confronto col nuovo oggetto del desiderio; a masticarsi le pa­role di rabbia e di disprezzo trat­tenute per evitare di ferire il feri­tore. A bruciare kili di se stessi (il tradimento, per il tradito, è l’uni­ca dieta dimagrante che funzio­ni) nell’attesa quotidiana che la coppia si ricomponga e il terzo incomodo evapori all’improvvi­so.

Quasi sempre non succede e spesso, dopo il terzo, appare il quarto, il quinto e via dicendo.

A un certo punto, come è suc­cesso a Gabriella Buontempo, neanche al più forte e più convin­to dei propri sentimenti, è possi­bile far finta di niente.

L’orgoglio e la dignità si allea­no per dare forza a un cuore di­strutto e ai pensieri confusi e de­vastati. Non si può più essere considerati «lo scemo del villag­gio», quando anche gli altri san­no e la rivale, per esempio, dice, paradossalmente anche se par­lando d’altro, «l’apporto delle donne all’avanzamento sociale e civile del Paese è smisurato».

Mia nonna diceva sempre «un uomo con due dame fa la fine del salame: a fette».

Certe volte ce n’è per tutte in abbondanza, ma quando l’uo­mo è piccolo

piccolo (di senti­menti, di potere, denaro, statura morale) alla fine non resta, a tut­ti, che lo squallore dei ricordi e delle aspettative maldestramen­te distrutte.

Quasi sempre, per un niente e senza un vero perché.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica