Quel carcere da riconvertire per detenuti transessuali

Il penitenziario femminile di Pontremoli ospita attualmente solo due recluse

Quel carcere da riconvertire  per detenuti transessuali

(...) di fronte alle uniche due detenute presenti, denuncia lo sperpero di risorse ai danni dell'erario rappresentato da quel carcere riconvertito al femminile solo due anni e mezzo fa. «Da subito - spiega Canio Colangelo - segretario nazionale Osapp - sono emerse difficoltà sia per i personale, sia per la stessa utenza, tanto che la struttura, a pieno regime s'è attestata sulle 5-6 unità». Fino allo scorso agosto, quando «per due ospiti lavoravano 30 dipendenti tra personale di Polizia Penitenziaria e amministrativi». Colangelo insiste su uno spreco evidente che dovrebbe motivarne la chiusura: «Se n'è parlato, ma ad agosto, a fronte di una sola detenuta, l'ordine è stato solo di sospendere l'attività per deciderne il nuovo target, visto che di donne ce ne sono poche. Buona parte del personale è stato distaccato in altri istituti, dentro continuano a lavorarci 5-6 unità di polizia penitenziaria e amministrativi». Colangelo parla di una struttura che non ha nulla del penitenziario, «è un vecchio mandamentale e i lavori di ristrutturazione non sono sufficienti». E sul discorso transessuali? «La struttura di Pontremoli non ha le caratteristiche per trattarli». Un giro nella città del Bancarella, la Pontremoli-bene al Caffé degli Svizzeri, e qualche domanda. Non parlano, sembrano indifferenti. «Quando era mandamentale - ti raccontano - ci finiva chi era a disposizione del Pretore, che aveva sede a Pontremoli, o doveva scontare massimo un anno. Venuta meno la Pretura, non aveva più senso d'essere, così è diventato casa circondariale sede distaccata di Massa». Per puro caso becchi chi ci lavora da anni: «Per noi è una risorsa, guai a chiuderlo. L'appello è accorato. Butti lì l'ipotesi transessuali: «Ben vengano, tratti meglio con loro che con le donne». Il Provveditore degli istituti penitenziari della Toscana Maria Pia Giuffrida assicura: «Il carcere non chiude, stiamo verificando l'ipotesi di un nuovo target di detenuti». Tre le ipotesi: «Sezione di transessuali così da liberare Sollicciano, o detenuti in semilibertà art 21 o giovani adulti, ma occorre formazione sul territorio». Il messaggio è forte e chiaro, ma prima «va recepita l'urgenza dell'amministrazione regionale con cui ho già vagliato il discorso transessuali e mi sembrano ben disposti». Ma il sindaco Franco Gussoni la scarta a priori: «L'ipotesi transessuali è superata, non ha senso in un carcere piccolo come il nostro, lo abbiamo già sottolineato al Provveditore. Piuttosto siamo orientati sui “fine pena”». Stop, raccogli poco. Resta Salvatore Iodice, direttore dei carceri di Massa e Pontremoli, che insiste: «Io non ci vedo nulla di preoccupante, ma in un piccolo centro come questo la presenza di detenuti transessuali potrebbe creare allarmismi. Mentre ci sono i presupposti per quelli in semi libertà».

Ti dice che Pontremoli ad oggi è aperto per questioni burocratiche «gli impiegati si alternano tra Massa e qui», che non potrà mai accogliere detenuti pericolosi e comunque non oltre 20; che è a norma, agibile e idoneo, e che non è vero che il personale dovrà essere tutto maschile, perché molte funzioni possono svolgerle anche le donne e il Comune non deve temere nulla. Intanto il palazzotto giallo continua a succhiare risorse in attesa di nuovo target.

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