Quello spiffero a D’Agostino: «Che ci faceva Silvio a Napoli?»

RomaIl Bocchino del pissi pissi, vero leader di Fango e libertà. Un paradosso da non crederci: il più accanito accusatore della macchina del fango (una psicosi per i finiani, affetti da sindrome da accerchiamento informativo, si riveda il Fini da Vespa) è l’animatore occulto della più martellante campagna sull’uomo degli ultimi decenni. Quel Bocchino che si avventura nell’accusare Roberto D’Agostino, fondatore di Dagospia, addirittura di tentati dossieraggi fotografici a suo danno (e della moglie), è stato, proprio lui, l’informatore di un «pissi pissi» (le imperdibili scintille di gossip di Dagospia) da cui è poi deflagrato, su Repubblica of course, il Noemigate, padre di tutti i Rubygate. D’Agostino ne ha accennato nella replica alle accuse (con annuncio di querela, «dopo tante subìte, stavolta sarò io a farne una») del vice Fini: «Tante ne ho sentite nella mia vita, ma l’accusa di essere un ricattatore non mi era ancora capitata. Eppure Italo mi conosce bene, mi ha anche fatto fare uno scoop su Noemi Letizia, dunque sa come lavoro».
Qual è lo scoop che «Dago» deve a Bocchino? La risposta è nell’archivio di Dagospia. Bisogna tornare al 27 aprile 2009 (si noti: con Bocchino vicecapogruppo del Pdl...), quando nella rubrica Pissi pissi esce questa indiscrezione: «Che ci faceva ieri sera, in gran segreto, il Reuccio di Arcore a Napoli? Ah, saperlo...». Gli effetti della «soffiata» (telefonica) di Bocchino a Dagospia non si fanno attendere molto. Poche ore dopo, in edicola, Repubblica esce con questo pezzo, ormai famoso, datato da Napoli: «In discoteca per i 18 anni di Noemi a sorpresa arriva anche Berlusconi...». Per la prima volta le cronache nazionali ospitano l’ignota Noemi Letizia, la storia del suo famoso compleanno dove, come per incanto, si materializza Silvio Berlusconi. Ma da quel momento si materializzano anche le dieci domande su Repubblica, le inchieste sulla famiglia Letizia, le lettere di Veronica Lario sul «ciarpame senza pudore». In breve, da lì (da Bocchino) parte il Noemigate.
Non c’è dubbio, l’ex giornalista ed editore Bocchino ci aveva visto giusto nello spifferare a Dagospia (che ovviamente l’ha pubblicato) quel «che ci faceva lì il Reuccio di Arcore? Ah saperlo». Che sia stato lo stesso Bocchino a instradare Repubblica verso lo scoop napoletano? Ah, saperlo. Quel che è certo, ed è confermato ancora dai pissi pissi di Dagospia (pranzo tête à tête settimana scorsa al Bar Hungaria di Roma), è che Italo Bocchino ha rapporti con Giuseppe D’Avanzo, segugio number one di Largo Fochetti. Non a caso in un pezzo del vicedirettore di Repubblica si ritrova lo stesso identico impianto accusatorio che Bocchino sta utilizzando verso la «macchina del fango» e in particolare contro Dagospia. Citiamo da un articolo di D’Avanzo del 23 settembre scorso, sulla storia della lettera di St. Lucia, scoop di Dagospia, che dimostrava il vero proprietario (Tulliani) della casa di Montecarlo: «Ora - gli uomini di Fini chiedono - chi ispira Dagospia? Credono di saperlo. Anzi, dicono di saperlo con certezza». E appresso la teoria su Bisignani, «il piduista, braccio destro operativo di Gianni Letta», come «governatore delle informazioni più sensibili» di Dagospia. Una bufala paranoica, da teoria del complotto, visto che dietro i pissi pissi sensibili (come quello sul Reuccio a napoli) non c’è Bisignani ma Bocchino. La stessa fonte che D’Avanzo interroga e virgoletta come «gli uomini di Fini» nel suo pezzo? Ah, saperlo.
Ma veniamo all’accusa di Bocchino. Si parla di una telefonata tra D’Agostino e Gabriella Buontempo (abbiamo provato a sentire la sua versione ma ha risposto di non avere «niente da dichiarare», almeno al Giornale) in cui il giornalista avrebbe parlato di alcune foto del marito con la Carfagna (cosa che avrebbe turbato la tranquillità della famiglia Bocchino). D’Agostino risponde alle «calunnie» con una querela. E rivendica come giornalista «il diritto di chiamare al telefono anche il diavolo in persona pur di ottenere notizie e indiscrezioni e scenari prossimi venturi». Anche perché «se avessi avuto le foto le avrei immediatamente pubblicate». In effetti si deve a Dagospia la foto scoop su Bocchino e Carfagna «che inciuciano in Parlamento», quella che fece esplodere la ministra delle Pari opportunità con minaccia di lasciare governo e Pdl. Una foto scattata dal cellulare, alla Camera, e inoltrata a Dagospia. No, quella volta però non fu Bocchino a mandarla.
E Pippo Baudo? C’entra pure lui secondo l’immaginifico Italo. Sarebbe una vittima accidentale della macchina del fango, che puntando alla moglie, privata di appalti Rai, avrebbe danneggiato anche il mitico Pippo.

«É una mezza verità» corregge Baudo, a cui era stata assegnata la Buontempo come produttore di un progetto tv poi saltato. Un vero connubio artistico tra i due, a sentire Bocchino. «Quando mai - dice invece Baudo al Corriere -. Non la conoscevo nemmeno, prima di quell’occasione». Italo «Cilecca già Bocchino», chioserebbe Dago.

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