La rabbia dei nazionalisti serbi: «Liberate Karadzic, è un eroe»

A Belgrado sfilano in 15mila. Incidenti nel centro della città tra gruppi di manifestanti e polizia

«Karadzic eroe serbo, Karadzic libero», scandiscono migliaia di manifestanti nella centrale Trg Republike, la piazza della Repubblica di Belgrado. In tutto 10-15mila serbi che considerano la giustizia internazionale una maledizione. E protestano contro il «dittatore Tadic», il presidente filo europeista della Serbia, che ha voluto l’arresto dei criminali di guerra dei Balcani. Alle 19 di ieri, gli ultranazionalisti del partito radicale, che conta due milioni di elettori, si sono dati appuntamento per una manifestazione che non è stata oceanica come speravano: niente a che fare con il grande corteo contro l’indipendenza del Kosovo del 21 febbraio, che scatenò la guerriglia urbana. Tutto pacifico fino a due ore dopo l’inizio del comizio quando un gruppo di quasi mille persone si è staccato dal resto della folla e nelle strade adiacenti piazza della Repubblica ha attaccato la polizia, che ha risposto caricando e lanciando lacrimogeni. A fine serata il bilancio sarà di 28 feriti leggeri, medicati al pronto soccorso: 13 civili, tra cui un giornalista spagnolo, e 15 poliziotti. Il peggio però non è accaduto, visto che alla vigilia si temeva perfino che la folla decidesse di marciare sulla residenza del capo dello Stato o sulla prigione speciale dove è detenuto Karadzic.
Già dal tardo pomeriggio nel centro della città sventolava un’enorme bandiera con la faccia di Radovan Karadzic, arrestato la scorsa settimana. Su un altro stendardo, appariva il volto di Vojislav Seselj, fondatore dei radicali, già sotto processo all’Aia.
In piazza c’erano i giovani sotto i vent’anni, attaccati alla bottiglia e i pensionati delusi. I primi indossavano orgogliosi le magliette nere con i volti delle nuove icone della «leggenda serba»: Karadzic e il suo braccio armato, il generale Ratko Mladic, che fece massacrare 8mila musulmani a Srebrenica. È uno degli ultimi super ricercati. Dicono si nasconda in un appartamento anonimo dei blocchi in stile socialista di Novi Beograd, dove hanno fermato anche Karadzic. I pensionati, invece, ce l’avevano a morte con il presidente serbo Tadic, che a furia di privatizzazioni non è riuscito a migliorare il loro già modesto tenore di vita. Vecchi e giovani sono stati portati a Belgrado con almeno un centinaio di pullman messi a disposizione gratuitamente dal partito radicale. I più pericolosi sono gli attivisti di Obraz, «Onore». Un gruppo clerico-fascista che sogna di liberare Karadzic con le armi. Al loro fianco, gli hooligan delle squadre di calcio serbe, sempre pronti a menare le mani.
Le minacce di morte non hanno raggiunto solo il presidente Tadic, ma anche i figli. Per l’ex presidente dei serbi di Bosnia intanto si avvicina l’estradizione all’Aia, anche se il suo avvocato temporeggia sul ricorso al trasferimento appellandosi a cavilli e mettendo in difficoltà i giudici serbi che devono decidere. Per Dusan Ignjatovic, del governo serbo, sarà all’Aia «entro la fine della settimana».

L’Unione europea, in attesa del trasferimento, prende tempo sul processo di adesione della Serbia. Ieri in una riunione dei 27 ha deciso di aspettare prima l’estradizione.
(da Belgrado ha collaborato Stefano Giantin)

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