Radolli torna nella sua gioielleria «Io sparerei ancora ai rapinatori»

«Finalmente». «Finalmente oggi riapro il mio negozio. Pensate che volevo alzare la saracinesca ieri pomeriggio, ma abbiamo preferito rimettere un po’ d’ordine. Sa, ci sono ancora le tracce di sangue sul pavimento». Remigio Radolli, il gioielliere di Cinisello Balsamo, il 16 aprile ha dovuto metter mano alla sua calibro 22 per difendersi dalla brutale aggressione di due rapinatori albanesi. Adesso riesce anche a sorridere.
Martedì ha assistito alle perizie. Giubbotto di pelle, baffoni, occhiali modello Ray Ban anni Ottanta, i sentimenti che oscillano tra il sollievo perché tutto sembra procedere bene, e l’ansia che gli fa spuntare in bocca una sigaretta. La sua gioielleria ce l’aveva messa tutta per farla funzionare bene. Lavoro, sacrifici. I carabinieri, gli esperti in rilievi, raccolgono tutti i dettagli, gli elementi utili all’indagine. Stefania Di Tullio, il pubblico ministero di Monza che lo ha iscritto nel registro degli indagati per eccesso di legittima difesa, dispone il dissequestro del locale. «Nonostante tutto sono felice. Sa, stare tre settimane - aggiunge Radolli - senza mettere un euro in cassa, non è uno scherzo. Io e la mia famiglia viviamo con il reddito di questo negozio».
Lo ha aperto nel giugno del lontano 1972 in via Garibaldi, 64, la zona dove si fanno affari. In centro. Arrivano quei due balordi prepotenti, vogliono mettere a segno una rapina e gli fracassano la faccia con il calcio della pistola.
«Ho la pistola da quarant’anni e non l’ho mai usata una sola volta. Eppure, di fronte a tanta brutalità non potevo certo dire: “Prego accomodatevi, ammazzatemi”». Si è fatto giustizia? «Guardatemi bene in faccia. Sembra quella di un giustiziere? Certo se mi trovassi nella stessa situazione con quel furioso criminale che mi colpiva rifarei quello che ho fatto». E ora cosa si aspetta? «Ricominciare a vivere, quei vigliacchi mi hanno rubato anche il sonno».
Oggi il gioielliere aspetta i clienti, che per lui dopo 37 anni di mestiere per lo più sono amici. E quell’imputazione che le è arrivata tra capo e collo. «Devo consultarmi con l’avvocato, ma pare che la magistratura abbia archiviato tutto. Scrivetelo, il pm ha fatto il suo dovere». In ogni caso in tanti si sono indignati e hanno manifestato solidarietà. «Ringrazio tutti, ma in questo momento voglio pensare al lavoro».


Ieri mattina «Remi» - come lo chiama Rodolfo Meda, il presidente dei commercianti di Cinisello - è andato in ospedale, al San Gerardo di Monza per togliere il gesso all’indice della mano destra, quella che guidato dall’istinto si è messo sul volto.
Ora è addirittura pimpante. «Lasciatemi andare a pulire. Arrivederci». Buon lavoro signor Radolli. Oggi comincia una nuova vita.

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