Paolo Marchi
nostro inviato a Torino
Tutto secondo copione per i quattro ragazzi doro del pattinaggio velocità, «sbranati» fino a tarda notte da chi affolla festante una Casa Italia tra il rumoroso e linvivibile. Alluna il rientro al villaggio e il tentativo di dormire. Fabris, la locomotiva della squadra: «La serata non sembrava finire mai. Neanche in camera, io la divido con Anesi mentre Donagrandi e Sanfratello hanno la loro, siamo riusciti a prendere sonno».
Sanfratello: «Eravamo distrutti dalla fatica e in teoria avremmo dovuto dormire a lungo, invece ce ne siamo stati a letto in una sorta di dormiveglia. È stato bello quando siamo usciti presto dalle due stanze, alle 8 e ci siamo ritrovati nella stanza comune. Ci siamo guardati come per interrogarci uno con laltro, tutti con lo stesso dubbio: è vero o stiamo ancora sognando? E giù a ridere: labbiamo fatta grossa».
Fabris, con un sorriso largo così: «La nostra vita non cambierà: è già cambiata. Passi davanti a unedicola e vedi le nostre facce sulle prime pagine, ce lo siamo meritati perché ci siamo allenati per quattro anni. Sì, abbiamo preparato anche linno suonandolo in camera, io e Anesi con le nostre chitarre, ma con rispetto: con Mameli non si scherza». Pena essere portati davanti al plotone desecuzione di mamma Rai.
E tutti a chiedere il segreto di una vittoria da brividi. I quattro in coro: «Siamo amici e mai rivali. Prendiamo lOlanda: lì il pattinaggio è così popolare che i vari campioni non si allenano mai assieme, anzi si combattono. Così quando arrivano alle Olimpiadi non possono avere il nostro affiatamento. Erano nervosi». Quindi il solo Fabris: «Erano nervosi e presuntuosi, con loro cè sempre da ridire, prima e dopo una gara. Erano convinti di batterci e invece hanno finito con il cadere perché ci sentivano in rimonta. E anche nella finalina per il bronzo erano partiti per abbassare il record olimpico che avevamo stabilito nei quarti, senza poi riuscirci. Li abbiamo mandati in tilt».
E così eccoli felici a ricordare un giovedì magico. Fabris: «Dopo la semifinale ci siamo detti per la prima volta che dovevamo vincere, guai a lasciarci scappare loro perché per tutti saremmo diventati gli sconfitti: quando si arriva in finale la gloria è per chi vince loro, largento va a chi perde. Lo stress e la fatica erano già notevoli, ma al via il boato del pubblico è stato tale che non abbiamo mai avuto dubbi su come sarebbe andata a finire. Marchetto? Sì, nel finale il nostro allenatore si sbracciava perché rallentassimo per non cadere, ma non labbiamo ascoltato e abbiamo tirato ancora di più. Io, Fabris, temevo che se rallentavo, facevamo una bella ammucchiata come gli olandesi».
E ieri sera la consegna della medaglie in piazza Castello. Sanfratello: «Quando sabato scorso siamo andati ad applaudire Enrico premiato per il bronzo nei cinquemila abbiamo visto il pienone e ci è venuta la pelle doca». E Fabris pronto: «Quando scesi per raggiungerli, pensai che sarebbe stato ancora più bello tornare alla Metal Plaza per loro, ma non ho avuto coraggio di dirlo loro. Ce lo siamo detti solo tra Olanda e Canada. A quel punto, nonostante che i canadesi siano i detentori del record del mondo e i leader di coppa del mondo, non avevamo dubbi su come sarebbe andata a finire: con la nostra vittoria, mai avuto paura di perdere. Il bello che verrà? La finale di coppa in Olanda: credo che in pista ci lanceranno picchetti rossi ogni metro», un ironico riferirsi a quel cilindretto che in semifinale, centrato da Kramer, gli ha fatto perdere lequilibrio e con esso ogni possibilità di lottare per il titolo.
E in attesa di ampliare la collezione, possibilmente pure grazie a Chiara Simionato domani nei 1.000, e non solo con Fabris martedì nei 1.500, il presidente Giancarlo Bolognino ha aperto una trattativa con le amministrazioni piemontesi titolari dellOval, struttura eretta accanto al Lingotto, destinata a diventare un centro espositivo. «In Italia i tesserati del pattinaggio, velocità e short track sono circa 1100, pochi, lo so bene, ma se in estate lOval venisse aperto al ghiaccio potrebbe essere un centro allenamento anche per gli stranieri, che pagherebbero per usarlo.
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