Recital troppo breve. Alla Versiliana i fischi alla Deneuve

L’attrice con Michele Placido in "Je me souviens". Il pubblico ottiene il rimborso: "Biglietti cari"

Recital troppo breve. Alla Versiliana i fischi alla Deneuve

Marina di Pietrasanta - Nel suo mese italiano, Catherine Deneuve passa dall’approvazione (premio del Festival di Taormina) alla contestazione. Più d’origine economica che estetica, la protesta dell’altra sera ha però sfortunatamente coinciso col suo esordio assoluto sul palcoscenico: la lettura Je me souviens/Mi ricordo, testo di Georges Perec, accanto a Michele Placido, per la regia di Renato Giordano.

Era questo lo spettacolo di punta del Festival della Versiliana. Tutto esaurito, quindi, nel teatro ricavato nella pineta dannunziana, per questa «prima mondiale», nonostante i prezzi. Proprio questi però hanno poi contribuito a determinare lo scontento, che ha preso di mira una prestazione artistica ineccepibile, ma troppo breve secondo il criterio più quantitativo che qualitativo ormai usuale.
«Compito del Festival informare il pubblico della durata dello spettacoli», dice a cose fatte il produttore Angelo Tuminelli. «Je me souviens/Mi ricordo era garantito per una durata di un’ora e venti», replica secco il Festival.

A un pubblico non solito ad atmosfere rarefatte, incuriosito da un evento ritenuto importante anche per dimensioni, da raccontare al ritorno dalle vacanze, uno spettacolo risultato poi solo di quarantacinque minuti - inclusi i brani eseguiti dal gruppo dei Baraonna - suddivisi fra i due interpreti sono parsi pochi.
Catherine Deneuve sa l’italiano: l’ha imparato da Marcello Mastroianni (il cui francese era invece umorismo involontario puro). E così l’attrice si è presentata al pubblico salutandolo nella nostra lingua con una padronanza che ha illuso quasi tutti che nello spettacolo sarebbe andata avanti così. Ma lei ha letto i ricordi scritti dal suo defunto amico Perec nella madrelingua. E per molti dei milletrecento spettatori è diventata, almeno linguisticamente, una notte senza stelle.

Restavano percepibili per chiunque elegante dizione, scioltezza d’esposizione e tono caldo di chi crede in ciò che fa (alla Deneuve dei film non succede spesso), che si sommavano all’acutezza di certe osservazioni di Perec. L’elemento di contrasto era affidato all'italiano ribaldo di Michele Placido, meno convinto di ciò che faceva, quindi deciso a sopperire con l’enfasi all’interrogativo «che cosa ci faccio io qui?». En passant, l’attore è incorso in due errori: ha «ricordato» l’addio ad «Hanoi», anziché a Saigon, degli americani nel 1975, e ha parlato di un «unico» film di Sharon Tate, che ne fece almeno sette.
Dettagli. Tra chi capiva tutto e chi capiva a metà, ma fingeva di capire tutto, i tre quarti d’ora sono filati via bene, anche per la bravura dei Baraonna. Ma a quel punto la Deneuve e Placido hanno preso congedo. Il pubblico li ha applauditi tiepido, ma non perché deluso: soltanto credeva che si fosse all’intervallo, non alla fine.

Quando la Deneuve e Placido sono tornati in scena per l'inchino di commiato, s’è infine capito che era ora d’andare a casa. E allora, fra le file di sedie metalliche, strisciando i piedi nella ghiaia verso l’uscita, è montata la collera d'aver pagato ogni minuto in «poltrona» o «poltronissima» quanto o più che per un litro di benzina. «Bidone!» è stata l’impulsiva deduzione.

Mentre Catherine Deneuve era ormai lontana, signore e signori s’assiepavano al botteghino meno ben disposti di quando s'erano messi in fila per il biglietto. Saliva il coro: «Rim-bor-so, rim-bor-so». Il botteghino reagiva fulmineo, offrendo ai delusi ingresso gratuito a un altro spettacolo del Festival della Versiliana. Ma solo i primi della fila potevano vedere il cartello in questione.

La perentoria mediazione di un carabiniere placava maturi furori maschili, poco inclini alle barricate anche quando dall’altra parte si pensa che ci sia coetanea di pregio come la Deneuve.

Affranta, una signora milanese mormorava: «Cinquantacinque euro a testa...». E il marito la confortava: «Oui, je me souviens».

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