Regolamento di conti a colpi di machete: nove cinesi in manette

Ormai è ufficiale: attualmente la criminalità cinese a Milano e in tutto il Nord Italia è quella composta da bande di giovani e giovanissimi gangster che si dividono lo spaccio degli stupefacenti attraverso feste organizzate nei locali secondo regole ferree e inviolabili: mai sconfinare nel campo altrui senza l’altrui permesso, mai eludere le «regole d’ingaggio». Mai comportarsi, quindi, come Hu Libin, il 21enne dagli occhi a mandorla ucciso la notte dello scorso 24 febbraio in un’azione fulminea con colpi di machete al club privé «Parenthesis» di via Gargano (zona Ripamonti) da un gruppo di suoi connazionali provenienti da un’altra festa (quella che si stava tenendo in un altro locale affittato per l’occasione, il «Codice a barre» di via Alzaia Naviglio Grande) con un’azione mirata e velocissima. Tra sicari, mandanti e «aiutanti» gli investigatori della seconda sezione - «criminalità straniera» - della squadra mobile, guidati dal vicequestore aggiunto Osvaldo Rocchi, in collaborazione con i magistrati Angelo Renna e Silvia Perrucci, dal 16 marzo a ieri mattina, ne hanno catturati nove. «Ne mancano sei - spiega il dirigente Francesco Messina - e temiamo che alcuni di loro si siano addirittura rifugiati in Cina. Gli altri li abbiamo trovati in vari appartamenti tra via Mac Mahon, via Messina, via Imbonati: alcuni vivevano come topi. Due di loro, invece, erano già stati arrestati per estorsione ad Alba Adriatica dalla questura di Bologna».
I «nuovi» criminali hanno faccette da sbarbati e mai più di 26 anni (il più giovane compirà 19 anni a settembre). «Sono bande che nulla hanno a che fare con le Triadi: checché se ne dica o se ne scriva la mafia cinese a Milano, nel Nord Italia, non esiste, non c’è mai stata: lo possiamo affermare dopo un lungo e costante monitoraggio - sottolinea Messina -. Il delitto di Hu Libin, che operava nella zona di Barge, in provincia di Cuneo, nasce dopo lo smantellamento dell’organizzazione di Sesto San Giovanni che faceva capo a un giovane chiamato Diesel. Durante quell’operazione, il 9 gennaio scorso, avevamo arrestato 9 persone».
Tutte nel giro delle feste di gruppo organizzate in locali affittati apposta per spacciare ecstasy e ketamina che arriva dal Belgio e dall’Olanda. Alcuni dei componenti della banda di Diesel, rimasti sulla piazza, proibiscono a Libin di spacciare a Milano nell’ambito di eventi organizzati in discoteca, ma non gli impediscono di organizzare feste. Lui se ne infischia del divieto dei milanesi, viene in città, e la sera del 24 febbraio subisce le conseguenze di questo sgarro.

E per la sua prova di forza viene ucciso dai sicari arrivati dal «Codice a barre».
«I cinesi non pianificano mai l’esecuzione - conclude Messina -. Se devono punire qualcuno, non appena sanno dove si trova, ci vanno e lo fanno fuori. Punto».

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