Resistere, resistere, resistere. L'imperativo della magistratura è affondare il dibattito sulla giustizia: "La riforma non deve passare". Le toghe giocano di sponda accusando il governo di fare leggi ad personam e minacciano di immobilizzare i tribunali che già di per sé non funzionano granché. E il Consiglio superiore della magistratura si prepara a dare un parere d'ufficio sul provvedimento legislativo senza nemmeno una richiesta del ministro della Giustizia. Eccola, dunque, la nuova Resistenza nelle cui schiere annovera anche i futuristi che, pur deprecando il "leader populista Berlusconi", rispolverano la linea dura contro la maggioranza.
L'intento è mantenere lo status quo. Immobilismo. Non importa poi se i tribunali non funzionano, se i magistrati possono permettersi di fare politica e in caso di errori godono della più assoluta impunità, se la difesa non deve guardarsi soltanto dall'accusa ma anche dai giudici. Dopo l'invettiva lanciata ieri dal sindacato delle toghe, Spataro ha lanciato oggi la nuova Resistenza: "Il dovere di resistere non è solo verso il potere mafioso, ma anche per la difesa della Costituzione da riforme come quella della giustizia". Al procuratore aggiunto di Milano, che definisce la bozza presentata dal ministro della Giustizia Angelino Alfano "del tutto inaccettabile", fa eco il pm Francesco Greco, capo del pool per i reati finanziari della Procura milanese: "Con la riforma della giustizia si passerà da Mani pulite a Mani libere". Durante un incontro organizzato dal Pd, Greco ha minacciato che, in caso di approvazione, è disposto a "disapprovare la legge" votata in parlamento.
Anche il Csm fa sapere che farà sentire la sua voce non solo sull’ampliamento della responsabilità civile dei magistrati e sulla prescrizione breve, ma più in generale sulla riforma costituzionale della giustizia. La decisione della Sesta commissione di Palazzo dei Marescialli è destinata ad alimentare polemiche dal momento che i laici del Pdl, e lo stesso partito di maggioranza, contestano da tempo il fatto che il Csm possa esprimersi d’ufficio su provvedimenti legislativi, senza cioè una richiesta del Guardasigilli. Nei giorni scorsi era stato lo stesso vice presidente del Csm Michele Vietti a sollecitare di fatto il ministro della Giustizia a chiedere un parere al Csm con una lettera con la quale lo invitava a partecipare a una seduta del plenum per una "comune riflessione" su una serie di problematiche.
Ancora una volta i magistrati, che dovrebbero limitarsi a far rispettare le leggi, cercano di influenzare il dibattito parlamentare. E per farlo viene rispolverato il solito anti berlusconismo. Cui hanno ripreso ad abbeverarsi anche i finiani. Dopo settimane di relativa calma, infatti, il dibattito sulla riforma della giustizia ha riportato alto lo scontro. Presentando il libro L'Italia che vorrei, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha bocciato quella stessa riforma che dal '94 faceva parte del programma di governo sottoscritto dallo stesso ex An. "L’ordinamento giudiziario dovrebbe essere organizzato secondo il principio della piena autonomia", aveva abbozzato ieri Fini lasciando a Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia a Montecitorio, il vero assalto al governo. Per l'esponente del Fli, infatti, "la maggioranza non vuole" riformare la giustizia perché "una giustizia sconquassata piace molto di più a chi è imputato". La Bongiorno sceglie le colonne di Repubblica per accusare la maggioranza di "creare norme salva-premier e norme che puniscano i magistrati". Gli scontri tra politica e magistratura, secondo Giulia Bongiorno, finiranno solo quando "ci sarà un premier capace di riformare la giustizia nell’interesse dei cittadini".
La nuova Resistenza potrà così
contare su agguerriti magistrati che si preparano a immobilizzare i tribunali e a disattendere le leggi e sui finiani che, invece, daranno battaglia in parlamento per affossare il dibattito e non riformare la giustizia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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