Il retroscena Integralisti all’offensiva nelle città Governo ormai impotente

Un commando d’armati, mezz’ora di combattimenti, un massacro nel cuore di una città simbolo, ma neppure un terrorista ucciso o prigioniero. Il bilancio dell’assalto di Lahore è lo specchio di un Pakistan sull’orlo dell’abisso, un Paese dove la minaccia integralista dilaga dalle aree tribali alle principali città e stringe l’intera nazione, arsenali nucleari compresi, in una morsa indissolubile.
Lo scenario più drammatico è quello delle “province nordoccidentali” al confine con l’Afghanistan, dove da mesi l’esercito è in guerra con i militanti di Al Qaida e con i talebani. In molte di quelle zone il presidente Alì Zardari e il governo stanno firmando dei cessate il fuoco considerati autentiche capitolazioni. Il caso più eclatante è la tregua della Swat Valley, l’ex località sciistica diventata una Val d’Ossola fondamentalista dove gli integralisti controllano quattro quinti del territorio, impongono la legge islamica e terrorizzano gli abitanti decretando decapitazioni ed esecuzioni sommarie. A Bajaur, la valle al confine con l’Afghanistan ex-roccaforte del numero due di Al Qaida Ayman Al Zawahiri, l’esercito è pronto a un accordo con i militanti per metter fine agli scontri costati la vita a oltre cento militari. E anche nel Waziristan le milizie tribali fedeli, in teoria, al governo hanno annunciato una riconciliazione con i talebani del comandante Baitullah Mehsud.
Quegli ambigui cessate il fuoco sono per molti analisti l’ennesima vittoria di un fronte fondamentalista che ormai bussa alle porte del cruciale capoluogo di Peshawar e tiene sotto tiro i rifornimenti destinati alle truppe Nato in Afghanistan. L’unica battaglia vincente, quella combattuta dagli aerei senza pilota della Cia, protagonisti di una letale caccia ai vertici di Al Qaida e dei talebani, rischia di aver conseguenze nefaste per un governo e un presidente costretti a far i conti con un’opinione pubblica sempre più anti americana. Del resto la decisione di utilizzare i magistrati dell’Alta Corte per mettere fuori gioco l’opposizione decretando l’ineleggibilità dell’ex premier Nawaz Sharif si è trasformata in un altro duro colpo alla credibilità del vedovo di Benazir Bhutto.
Probabilmente, però, la minaccia più insidiosa si cela tra le pieghe degli apparati di stato. Come dopo gli attacchi di Mumbai, Lashkar-e-Taiba il gruppo terrorista originario del Punjab, è uno dei principali sospettati.

Dietro di esso operano gli stessi generali fondamentalisti e servizi deviati responsabili a suo tempo dell’ascesa dei talebani e delle complicità con Al Qaida. Estromessi dopo l’11 settembre si nascondono sotto la copertura d’insospettabili associazioni religiose e di carità e preparano il grande riscatto integralista.

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