Riccardo Gusmaroli fiori e labirinti di una serra dipinta

In mostra alla Galleria Venezia Otto gli allegri, coloratissimi e caleidoscopici quadri dell’artista veronese

Riccardo Gusmaroli fiori e labirinti di una serra dipinta

Elena Pontiggia

Chi, in queste giornate di fine inverno (fine si fa per dire, coi geli che corrono) avesse voglia di riscaldarsi con una pittura allegra, coloratissima, luminosa, un po' come una serra dipinta, può visitare la mostra di Riccardo Gusmaroli «Ore senz'ombra», a cura di Luca Beatrice, aperta fino al 30 marzo alla Galleria Venezia Otto, che si trova nell'omonimo corso.
Gusmaroli è un artista di Verona, dove è nato nel 1963, ma da molti anni vive a Milano, dove è stato scoperto da Corrado Levi e Franco Toselli. Nelle sue opere ha sempre rivelato una vocazione analitica, insieme affabile e impertinente. Si serviva, per esempio, di piantine colorate della città e le modificava fino a trasformarle in mappe impossibili, che però sembravano fatte apposta per invitare al viaggio. Oppure usava dei francobolli. Nella recente mostra su Lisa Ponti alle Stelline c'era un suo «Omaggio a Gio Ponti», in cui aveva preso una serie di francobolli dedicati al grande architetto (quelli con l'immagine della sedia Superleggera), li aveva ritagliati, anzi «sventrati», al centro e li aveva incollati a decine su una lastra d'alluminio. Il risultato era una sorta di puzzle, ma ordinato come un merletto, che assomigliava a un gioco sorridente e un po' malinconico. Perché gli oggetti funzionali, in mano a Gusmaroli, diventano sempre oggetti inservibili. E dimostrano che le cose di cui abbiamo più bisogno sono quelle che non servono a nulla.
Le opere che espone in questa mostra, invece, sono quadri. Se fossimo dei critici laureati dovremmo dire che l'artista è passato dal neoconcettualismo alla pittura (per chi voglia saperne di più, c'è un bel testo in catalogo di Luca Beatrice, che è un critico ma scrive cose sensate). Noi ci limiteremo a dire che dipinge dei grandi fiori fantastici, di sapore vagamente orientale. Sono fiori che hanno sussiegosi nomi scientifici, latini, come Acrimonia, Aesculus, Centaurea, Aquifolium, Lonicera, Juglans, Sinapis, ma hanno un aspetto accattivante di cellule impazzite, di labirinti festosi, di bolle di sapone. Non sono fiori, sono ornamenti. E l'ornamento non è un delitto, come sosteneva Loos. È qualcosa di cui si ha molto bisogno, visto che la vita è quella che è.
Dopo aver riflettuto su Boetti, De Maria, Ontani, che sono stati i suoi maestri ideali, Gusmaroli ha costruito qui un suo mondo privatissimo: un mondo in cui l'elemento dominante è il disegno. Sì, perché, nonostante i suoi quadri siano impostati apparentemente sul colore, in realtà quel colore nasce da una tessitura millimetrica di piccole forme, di brevi geometrie, di una fantasmagoria di segni minimi che si agitano come in un caleidoscopio.

Il colore, insomma, non è un elemento istintivo. Non ha niente di scomposto o di viscerale.
Al contrario, nasce da uno scrutinio paziente e meticoloso. Perché Gusmaroli ha capito quello che tutti i bambini sanno benissimo: che il gioco è una cosa seria.

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