Riduzione del «cuneo fiscale» Sì dalle imprese, no dalla Cgil

La Confindustria: che sia applicata a tutte le aziende. Epifani: così non ha alcun senso

da Roma

La Confindustria concorda sul fatto che il modello dei contratti di lavoro vada modificato. Tuttavia, spiega il vicepresidente degli industriali Andrea Pininfarina è «inaccettabile» che alle imprese venga imposta una trattativa di secondo livello, regionale o aziendale. Mentre il segretario della Cgil Guglielmo Epifani manda a dire al governo: «Noi preferiamo la riduzione del fiscal drag, che riguarda lavoratori dipendenti ma anche anziani e pensionati, al taglio del cuneo fiscale». Tuttavia, se proprio il governo imboccherà la strada del cuneo fiscale, allora «è necessario che l’agevolazione sia selettiva: non ha senso - spiega Epifani - applicarla alle banche o ai grandi monopoli». Sarà il Dpef a indicare la strada per la riduzione del cuneo, replica il ministro del Lavoro Cesare Damiano, che tuttavia conferma almeno un criterio di selettività: la riduzione sarà applicata solo al lavoro a tempo indeterminato.
Intervenendo a un seminario della Luiss sulla contrattazione, Epifani conferma la perplessità del sindacato sulla promessa elettorale «numero uno» del governo Prodi: il taglio degli oneri fiscali e contributivi a favore delle imprese. «Condivido l’obiettivo di favorire la crescita economica - spiega - ma il problema è se un intervento di entità impressionante come questo (il taglio del cuneo vale 10 miliardi di euro, ndr) sia davvero percorribile, e in quali tempi». Il segretario della Cgil preferirebbe un intervento orizzontale, valido per tutti (lavoratori pubblici e privati, ma anche pensionati) come la restituzione del fiscal drag, ovvero del potere d’acquisto perduto a causa dell’inflazione. Ma se cuneo dev’essere, allora è meglio che sia selettivo: «In una situazione così delicata - si chiede - perché bisogna aiutare anche i monopoli, l’Eni o le grandi banche?».
Di avviso opposto, ovviamente Pininfarina, a cui piace il taglio del cuneo fiscale. Ma non solo. Per ridurre lo scarto fra salario lordo e netto, spiega il vicepresidente della Confindustria, sarebbe utile defiscalizzare la contrattazione aziandale, in particolare sui premi di risultato. Una misura, quest’ultima, che favorirebbe anche la creazione di maggiore produttività. «No», invece, a una riforma dei contratti che prevedeva un secondo livello obbligatorio.

Pininfarina ricorda che le regole attuali della contrattazione (che ormai hanno 13 anni di vita, risalendo all’accordo del ’93) si riferivano a un Paese ad alta inflazione e con una moneta debole, mentre ora l’inflazione è bassa e l’euro è forte.
«Dobbiamo lavorare a una soluzione condivisa per riformare i contratti - conclude Damiano - ricordando che per modificare l’accordo del ’93 ci vuole molto equilibrio».

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