Rifondazione annega nella pentola di Fagioli

Compagni di tutto il mondo, psicanalizzatevi. Il fagiolo bollente sta incendiando il partito. Più di Marx, di Togliatti e Berlinguer messi insieme ha saputo fare lui, lo psichiatra che ha dato del cretino a Sigmund Freud. Che è un po’ come se un buddista chiamasse «idiota» il Dalai Lama. Lui che ha pure ribadito che Freud è «criminale» nonché «vecchio sadico imbecille», con l’aggravante che il suddetto criminale e imbecille non poteva neanche replicare in quanto morto nel 1939. Dicono di costui: «Finge di ispirarsi alla nonviolenza, e poi fa a fette tutti».
Sì, Fagioli è un medico della mente che cento ne pensa e mille ne fa: è quello dell’«analisi collettiva», quello che ha litigato con gli psicoterapeuti di tutta Italia, il guru di certo fighettame non-violento, il demiurgo dello stalinismo fricchettone, insomma quello che sul suo personaggio tagliato con l’accetta, sul suo look alla Enzo Jannacci con gli occhiali da sole ha costruito la carriera. Fino a ricicciare fuori qualche anno fa, nella nuova veste di consigliere spirituale di Fausto Bertinotti: dove lui faceva la parte del visir, e Fausto quella del califfo. Ma oggi l’incantesimo si è rotto: Bertinotti e il suo Rasputin s’erano tanto amati, e oggi non s’amano più. Anzi, oltre alla loro relazione, rischia di andare in cocci tutto il partito.
Dunque. Premettiamo che oggi il giornale rifondarolo Liberazione naviga in cattive acque: adesso s’è fatto avanti un editore che si chiama Bonaccorsi, grande estimatore del pensiero fagioliano, il quale pare voglia intervenire direttamente nella gestione culturale del giornale, dando libero sfogo al suo maestro, che condanna il ’68, che inveisce contro l’omosessualità. Capirai: terremoto. «Non andremo mai con un discepolo di Fagioli», berciano a Liberazione. E qui, per andare avanti, dobbiamo porci la seguente domanda: sì vabbè, ma questo Fagioli, chi è?
È uno che il suo gesticolare alla Mughini ha cominciato ad esibirlo negli ambienti capitolini nel ’76, quando si fece cacciare dalla Società psicanalitica italiana che lo bollò come «cialtrone» per via della sua rivoluzionaria invenzione. Siccome Freud è un «fascista sostenuto dai fascisti», lui ha partorito l’«analisi collettiva», altrimenti detta «psicologia della folla». In pratica, ci si riunisce in battaglioni di pazienti, ci si chiude in aula e si ascolta estasiati le parole del profeta Max. La confraternita è fatta di gente della buona borghesia, le signore dei salotti chic lo guardano come le adolescenti guardano Brad Pitt, 150 psichiatri si mettono al suo servizio. Il fagiolismo diventa una religione. Le cerimonie oggi si tengono quattro volte alla settimana in piazza San Cosimato, a Trastevere: ingresso con offerta, 10 euro, che moltiplicati per diverse migliaia fa un bel gruzzolo. Rinunciare è impossibile: per seguire i suoi corsi universitari a Chieti, la sua claque organizza i torpedoni da Roma. Ma lui non s’accontenta: si reinventa sceneggiatore in un paio di film con Marco Bellocchio, che disse: «Fagioli cambia le persone». S’improvvisa regista, nella sua opera prima (e unica) «Il cielo della luna», dalla trama fortemente enigmatica. Un po’ come le sue dispense universitarie, nelle quali elargisce perle di saggezza: «Bisogna distinguere la buccia dal fico, non come gli antichi che mangiavano la buccia e buttavano il fico». Sull’omosessualità, però, ha sempre parlato chiaro: «Non fa stare bene, perché non è un’identità, è legata alla pulsione di morte». Concetto ribadito nella sua rubrica sulla rivista Left, edita dal succitato Bonaccorsi: «C’è il cromosoma X e il cromosoma Y, poi basta». Quando Bonaccorsi gli ha affidato lo spazio, se ne andò il direttore Giulietto Chiesa, e con lui Vauro, Nando Dalla Chiesa, Travaglio. Loro i Fagioli non li digeriscono.
Il colpo di fulmine con i compagni in una mattina del 2004: Bertinotti, durante un dibattito, resta folgorato sulla via di Fagioli, tanto che scelse la sua libreria «Amore e Psiche» per annunciare la sua corsa alle primarie del centrosinistra. «È un grande evento di spessore culturale e politico», gorgheggia il leader Fausto in estasi. E i fagiolini ricambiano: «Mai prima d’ora qualcuno aveva, fra comunismo e libertà, considerato la realtà umana». Da lì, la svolta non-violenta di Bertinotti che per la prima volta prende le distanze dal movimentismo più cattivo. Da lì il sodalizio con un pezzo di dirigenza del partito, i cui iscritti si lasciano volentieri psicanalizzare dal grande santone.
Ma da oggi a Bertinotti il guru non piace più. Troppo alti i toni sulla querelle intorno a Liberazione. Basti pensare che il Fagiolone l’altro giorno ha definito il direttore Sansonetti «un eterno ragazzino del ’68, praticamente un malato di mente». E come se non bastasse, ha scoperchiato la pentola di Fagioli contro Nichi Vendola: «Per me può anche andare a letto con un termosifone, ma non si può essere allo stesso tempo gay, cattolico e comunista». Risultato? Bertinotti abbandona il gran maestro, Luxuria raglia contro l’omofobo e il segretario Paolo Ferrero lo difende: «Quanto è figo il guru se Bertinotti va nella sua libreria, ma quanto è stronzo se incoraggia il compratore di Liberazione?».

E il partito affonda in una minestra di Fagioli. Dopo decenni di dibattiti sul comunismo, il socialismo dal volto umano, la terza via, la questione morale, dopo decenni di analisi sul partito, mai avremmo pensato che il partito sarebbe finito... in analisi.

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