Riforme, Berlusconi e Bossi: Veltroni ci faccia una proposta

In vista del faccia a faccia col segretario Pd, il Cavaliere e il Senatùr lo invitano a farsi avanti sulle riforme: "L’onere della prova spetta a lui". "Passi avanti" dall’incontro di ieri tra il sindaco di Roma e Casini

Riforme, Berlusconi e Bossi:  
Veltroni ci faccia una proposta

Roma - Proseguono le consultazioni sulla riforma elettorale. Con il faccia a faccia Veltroni-Casini che registra «un importante passo in avanti». E con Lega e Forza Italia che in vista degli incontri con il segretario del Pd di questa mattina (il Carroccio) e domani pomeriggio (Berlusconi) decidono di fare gioco di sponda. Al di là delle inclinazioni o delle disponibilità su questo o quel modello, infatti, nella cena di lunedì a Arcore Bossi e il Cavaliere hanno deciso di sedersi al tavolo per «ascoltare quel che Veltroni ha da dire». Perché, è stato il succo del ragionamento, «l’onere della prova spetta a lui». E, dunque, «ci faccia una proposta». Che, hanno convenuto i due, «dovrà riguardare solo la legge elettorale» e non essere allargata alle riforme costituzionali.
Sul punto, però, la partita è alquanto confusa. Perché pur non essendoci un parlamentare disposto a scommettere che il pacchetto riforme approvato in Commissione alla Camera possa completare il suo iter, della questione si continua a discutere. Tanto che Casini e Veltroni fanno sapere che su questo c’è «la disponibilità dell’Udc» come anche sulla modifica dei regolamenti parlamentari (su cui avrebbe aperto uno spiraglio anche Berlusconi). «Ora mi pare all’orizzonte - si sbilancia il leader centrista - quello che fino a due mesi fa veniva giudicato impossibile». E pure Veltroni pare dello stesso avviso perché, assicura, le riforme si possono fare in «otto, dodici mesi». Auspici che in Transatlantico vengono però accolti con un certo scettismo, visto che - sintetizza il segretario del Pri Nucara - «è impensabile credere che il pacchetto Violante possa essere approvato in via definitiva». Per dirla senza troppi giri di parole, «è una schifezza» che «è riuscita ad andare avanti in Commissione grazie alle maggioranze variabili», con la Lega «che ha dato una mano sul Senato federale» e An che ha fatto lo stesso «sul poteri del premier». Un pacchetto, è la convinzione dell’azzurro Brancher, che «a Palazzo Madama non passerà mai».
Sulla legge elettorale, intanto, in vista del faccia a faccia Berlusconi-Veltroni si registra l’ennesimo affondo polemico di Fini al Cavaliere. Durante una riunione a porte chiuse a Palazzo Grazioli con una trentina di parlamentari azzurri (vecchia guardia e un consistente gruppo di giovani), l’ex premier manifesta una certa predilezione per il sistema spagnolo. «Lo stiamo esaminando», spiegherà più tardi ai cronisti. «Vedremo se la cartina geografica darà qualche altra indicazione», chiosa polemico il leader di An. Al segretario del Pd, Casini ribadisce invece di essere fermo sul sistema tedesco con indicazione del premier.
Il Cavaliere, poi, torna sul progetto del Pdl. E a chi lo accusa di «passi indietro» replica che «il nuovo partito è già nato». Solo che, spiegano da Palazzo Grazioli, «la transizione sarà più lenta del previsto, sei mesi o qualcosa di più». E il nuovo soggetto si strutturerà sulla falsa riga del Ppe, con doppie adesioni. «Un contenitore - fa sapere Berlusconi - cui aderiranno partiti grandi e piccoli, movimenti, circoli, associazioni, singoli cittadini».

Parole che Casini accoglie con una certa ironia. «Preparatevi al colpo di scena. Domani - dice punzecchiando l’ex premier sull’annuncio di San Babila - salgo su un tetto e fondo qualcosa... Speriamo che non sia di tegole e, soprattutto, speriamo che non cada».

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