Per rilanciare il centrodestra la Lega adesso fa autocritica: meno partito, più movimento

Sulla Padania sindaci e governatori avvertono: "La sberla elettorale non va ignorata ma deve servire da insegnamento per ripartire con più forza di prima"

Per rilanciare il centrodestra la Lega adesso  
fa autocritica: meno partito, più movimento

Roma E anche la Lega fece mea culpa. Dopo gli schiaffi al partito e alla coalizione di governo nelle ultime amministrative, da via Bellerio sono giunti negli ultimi giorni solo imbarazzati silenzi e qualche voce di corridoio al curaro. Ma ieri ci ha pensato la Padania, il quotidiano del Carroccio, a dare voce all’autocritica del partito. Roberto Cota, governatore del Piemonte, regione in cui il Carroccio è deragliato, perdendo al ballottaggio Novara, la città considerata un laboratorio del leghismo, e Domodossola, ha preso carta e penna e ha scritto per la prima pagina del foglio «verde» un editoriale piccolo ma significativo, intitolato «Le sberle riportano alla realtà». Secondo Cota la sconfitta leghista - in particolare in Piemonte - è «una cosa che brucia, che fa male, ma che deve servire da insegnamento per ripartire con più forza di prima. Il voto si rispetta e non si fa finta di niente. Ma chi crede nei valori e nelle idee, si rialza e non sta seduto per terra».

Lega, alzati e cammina. Sì, ma come? Restando alla Padania di ieri, due pagine (le più importanti: la 2 e la 3) sono utilizzate per cercare una risposta a questa domanda. Che secondo Attilio Fontana, sindaco confermato di Varese (anzi Varés, come scrive la Padania), è principalmente una: «La Lega deve tornare a essere un movimento molto più che un partito», soprattutto se così si diventa attori della politica «da teatrino». Certo, c’è altro, c’è molto altro nel mal di pancia del Carroccio fermo ai box. Soprattutto un rapporto con il Pdl e con Berlusconi che non vive una fase di passione sfrenata. Secondo il quotidiano leghista, saranno i prossimi venti giorni quelli decisivi per la tenuta del governo.

L’agenda è già scritta: «O si ritrova la strada comune fatta di idee, di proposte e di segnali forti o la Lega si sentirebbe troppo in difficoltà nei confronti del proprio elettorato dal quale ha ricevuto un mandato preciso», detta la Padania. E cioè: «Una riforma fiscale indispensabile per dare la spinta allo sviluppo sbloccando risorse per le imprese e per le famiglie».
E poi: riduzione dei parlamentari, completamente del processo federale, nascita di una Camera delle Regioni. Magari anche, come ipotizza Flavio Tosi, sindaco di Verona, la possibilità che sia affidato a un leghista lo scettro del dopo-Silvio nel Pdl, meglio anche di Giulio Tremonti, «pontiere» in grande difficoltà. Tutti temi - le riforme, un passo indietro di Berlusconi, un futuro del Pdl con la Lega sempre più al centro - sui quali il Carroccio si aspetta qualche segnale di vita da parte dell’esecutivo prima del 19 giugno prossimo. Quel giorno a Pontida, Bossi se la vedrà con il ventre del popolo leghista e vorrebbe dargli qualche buona notizia, per evitare che questi gli chieda a gran voce un divorzio da Berlusconi.

Nel frattempo ci saranno stati anche i quattro referendum del 12 e 13 giugno, che le sinistre attendono come sequel del film visto alle amministrative, che le ha divertite molto. Ebbene, il Carroccio negli ultimi giorni ha dato segnali contrastanti su una consultazione elettorale a cui è stato dato un significato antiberlusconiano.

I due referendum sull’acqua sono stati definiti «attraenti» da Bossi in persona qualche giorno fa, e quello sul nucleare ha già incassato l’endorsement di personaggi di spicco come Luca Zaia e lo stesso Cota.

Naturalmente atteggiamento diverso rispetto a quello sul legittimo impedimento, il più palesemente anti Cav; ma il rischio è quello di trascinare comunque i quattro quesiti verso il quorum e servire un altro assist al centrosinistra. Il dilemma, a Pontida e dintorni, è di quelli non facili.

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