Rivolta a Belgrado, assalto alle ambasciate

Mezzo milione di persone protestano contro l’indipendenza del Kosovo, poi la rabbia si trasforma in guerriglia urbana: 94 feriti e un morto carbonizzato

Rivolta a Belgrado, assalto alle ambasciate

Belgrado - «Il Kosovo è il cuore della Serbia», grida mezzo milione di persone davanti al Parlamento di Belgrado. Una manifestazione oceanica contro l’indipendenza proclamata dalla provincia ribelle a maggioranza albanese. Mentre gli oratori, del calibro del primo ministro serbo Voijslav Kostunica, si susseguono sul grande palco, gli hoolingans si scatenano. Con la prima esplosione di rabbia decine di giovani teste calde tentano l’assalto all’ambasciata turca e a quella brasiliana nella vicina via Krunska. Più tardi scoppia la guerriglia urbana. L’ambasciata americana viene presa d’assalto e sfondata da almeno 300 hooligans. Grazie a un cappellino di lana con la scritta Srbija mi sono mescolato fra i facinorosi. Li ho visti entrare nella sede diplomatica, distruggere tutto quello che trovavano e cercare di appiccare il fuoco. Alla fine uno degli ultrà ha sventolato la bandiera serba da una finestra polverizzata dell’ambasciata. In un’orgia di slogan patriottici e imprecazioni anti-Usa la banda ha urlato vittoria. Lasciando dietro di sé 94 feriti e un morto carbonizzato tra i dimostranti.

Tutto sembrava tranquillo nel primo pomeriggio di ieri quando i serbi hanno cominciato ad affluire davanti al Parlamento. Qualcuno aveva portato anche i bambini, ma i giovani più nazionalisti intonavano «chi non salta albanese è...». Oltre 200 pullman sono arrivati dal resto della Serbia. Alla fine si sono ritrovati in almeno mezzo milione. «È una profonda tristezza che proprio oggi il vostro ministro degli Esteri Massimo D’Alema abbia convinto il governo a riconoscere l’indipendenza illegale del Kosovo. Avete aperto un vaso di Pandora. Gli albanesi vi creano un sacco di problemi di criminalità in Italia e voi date loro ascolto» sbotta Vladimir Zerovic. Fa parte de Partito democratico del presidente serbo filoeuropeista Boris Tadic. In piazza a Belgrado è sicuramente uno dei più moderati e si limita a una sciarpa coi colori nazionali attorno al collo. Niente a che vedere con le bandiere nere dei cetnici, che sognano la monarchia e vorrebbero spazzare via dal Kosovo tutti gli albanesi. Il primo ministro serbo Kostunica apre il comizio arringando la folla con toni populisti. «C’è qualcuno che crede che il Kosovo non sia nostro?» grida al microfono. Un boato risponde all’unisono: «Ne». Gli animi si scaldano. Dal palco prendono la parola o mandano messaggi sia il leader ultranazionalista Tomislav Nikolic, che artisti e sportivi come il regista Emir Kusturica ed il campione di tennis Novak Djokovic. Nella piazza del Parlamento di Belgrado i più giovani si sono portati dietro bottiglioni pieni di birra. «Ci hanno strappato qualcosa di sacro, la terra dei nostri avi. Come fate a non capirci?», spiega Srgian, un giovanotto muscoloso giunto dal nord della Serbia con i suoi amici.

Quando gli chiedo cosa pensano del riconoscimento italiano dell’indipendenza del Kosovo, restano di sasso perché non lo sapevano. «Vuol dire che faremo la griglia sui resti bruciacchiati della vostra ambasciata stasera», dice ridacchiando Predrag, il più giovane appena maggiorenne. Al momento non è accaduto, ma circa 300 hooligans hanno distrutto l’ambasciata Usa e quella croata in via Kneza Milosa a un passo dalla nostra rappresentanza diplomatica. I poliziotti in tenuta antisommossa erano spariti e gli ultrà, quasi tutti giovanissimi, hanno usato un passamano divelto come ariete per sfondare il portone. Alcuni mascherati, altri con le bandiere serbe in pugno ed altri ancora ubriachi o forse drogati erano incontrollabili.

Contro l’ambasciata croata hanno lanciato una macchina incendiata che è esplosa conficcandosi nel portone. L’Istituto di cultura italiano, considerato obiettivo sensibile, si è beccato un po’ di sassi ed anche una sede di Unicredit è finita male. L’Italia ha riconosciuto il Kosovo il giorno meno indicato. Non a caso la nostra ambasciata ha chiuso i battenti alle 12 di ieri, temendo un attacco. «Avete riconosciuto il Kosovo? Allora andate affanc...» risponde al telefono Dragan Vasic, uno dei capi dei Delje, la curva della Stella Rossa di Belgrado. Poche ore prima della manifestazione aveva minacciato di voler bruciare la nostra ed altre ambasciate. Non a caso l’Alitalia ha tirato via il grande cartello pubblicitario dell’ufficio di Terazjie, nel centro di Belgrado, ad un passo dalla manifestazione). La polizia serba in tenuta antisommossa si è volatilizzata davanti agli hooligans che hanno messo a ferro e fuoco le ambasciate. Quando i primi agenti sono rispuntati è scoppiata la guerriglia urbana.

Rifugiato in un piccolo bar, ho visto i poliziotti in tenuta antisommossa sparare raffiche di lacrimogeni e gli hooligans contrattaccare furiosamente. Nel bar-rifugio è stato portato a braccia un agente con una brutta ferita sul volto, una trasversale più in là dell’ambasciata italiana.

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