La rivoluzione snowboard ha il suo profeta yankee

Wescott, ex giocatore di football, primo re nella nuova specialità. «Ho cominciato per noia dello sci». Deludenti gli azzurri

Alessandro Parini

da Bardonecchia

La prima volta non si scorda mai. Anche nello snowboard. Ieri, a Bardonecchia, è andato in scena l’esordio assoluto nelle gare a cinque cerchi del boardercross. In pratica, la rivoluzione applicata allo sci: dopo le qualificazioni individuali, infatti, i migliori trentadue atleti si sono affrontati in batterie di quattro, con i primi due qualificati per la fase successiva fino al confronto finale che ha determinato i primi quattro posti della classifica. Gobbe, onde, curve paraboliche e salti: chi più ne ha più ne metta. In una gara dove quel che conta non è più il cronometro, bensì l’arrivare davanti agli avversari. E le condizioni atmosferiche di ieri sembravano voler dare ragione a chi, nel boardercross, vede tutto quel divertimento e quell’alternanza di emozioni che lo sci alpino (a volte) non riesce più a garantire: e allora prima neve mista a pioggia, poi ancora neve e infine sole. Di tutto di più, appunto. Lo spot è perfettamente riuscito: la vittoria è andata in volata - nemmeno fosse una gara di cento metri di atletica leggera - allo statunitense campione del mondo Seth Wescott davanti allo (sconosciuto) slovacco Radoslav Zidek e al francese Paul-Henri Delerue, fratellino poco considerato dell’ex campione del mondo Xavier: come dire che davvero, nel cross, nulla è mai scontato. Gli italiani, che puntavano anche loro al bersaglio grosso, non si sono purtroppo ben comportati: il migliore è stato Tommaso Tagliaferri, fermatosi però ai quarti di finale. Peggio di lui hanno fatto Schiavon, Malusà e Pozzolini: i primi due sognavano il podio, avendo anche già vinto in Coppa del Mondo. Ma nel boardercross ogni gara fa storia a sé: mai noiosa, mai scontata. Una rivoluzione, appunto. Che ha eletto il suo primo re a cinque cerchi in Seth Wescott, un passato da giocatore di football americano, figlio di un allenatore di atletica leggera. Il perché della scelta di dedicarsi a questa disciplina è presto detto: «A otto anni praticavo lo sci alpino come quasi tutti i ragazzini, ma dopo qualche stagione cominciai ad annoiarmi e mi dedicai alla tavola». Lì, scattò la scintilla: prima l’half pipe (evoluzioni, salti e mirabilie assortite dentro il “mezzo tubo”), poi il boardercross. Dove è impossibile annoiarsi, pare. E dove lo stereotipo dell’atleta fricchettone, tutto dedito a una vita sregolata e a serate che diventavano albe anche alla vigilia della gara, è ormai finito nel dimenticatoio: «Non scherziamo – dice Malusà, il primo italiano a vincere una gara di Coppa -. Forse era così all’inizio, ma adesso per emergere servono lavoro, allenamenti e sacrifici».
Schiavon è figlio del direttore generale della società degli impianti di Madonna di Campiglio, si è laureato in Economia e Commercio alla Bocconi e prima o poi magari diventerà un tranquillo commercialista: all'età di dodici anni, ha appeso gli sci al chiodo per colpa di allenatori che urlavano troppo e si è dedicato alla tavola con il sogno di partecipare un giorno all'Olimpiade. Con lo snowboard, per adesso, prova anche a costruirsi un futuro: «Gestisco gli interessi di 25 atleti di snowboard – racconta -, alcuni sono veri miti per questo sport». Lavoro e passione, ecco cos’è il boardercross per Schiavon. Ai Giochi non avrebbe rinunciato per nulla al mondo, anche se in due anni gli è successo di tutto: frattura al piede sinistro nel 2003, poi quella dell’astragalo e quest’anno, dopo una caduta, memoria persa per sette ore. Non basta, perché il giorno dopo la vittoria a Whistler è arrivata anche la frattura della scapola sinistra: «Ma io alle Olimpiadi non potevo proprio pensare di rinunciare». Anche se poi si è dovuto accontentare di una presenza in gara fino agli ottavi di finale e nulla più. Lui come Jasey Jay Anderson, canadese considerato una specie di dio in terra: quattro anni fa, a Salt Lake City, prese parte allo slalom gigante parallelo - naturalmente sempre con la tavola - dopo di che scelse di passare al cross, invitato dal fratello.

Ama tutti gli sport estremi e magari un po’ pericolosi, per scoprire i suoi limiti e provare a cavarsela in tutti i modi: ci ha provato anche ieri, ma una gomitata galeotta vista dai giudici lo ha portato a farsi squalificare. Polemiche? Nessuna: «Giusto così».

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