La roccaforte rossa ora è tentata dalla destra

Sfida fra la deputata Ds Pinotti e l’indipendente moderato Musso

da Genova

È qui, in Liguria, finora Cenerentola nel panorama politico nazionale, che si combatte la madre di tutte le battaglie per la maggioranza dei seggi al Senato: gli 8 candidati che verranno eletti il 13 e 14 aprile - il partito vincitore ne conquisterà 5, lo sconfitto 2 o 3 - rappresentano poco più di un milione di cittadini da Ventimiglia a La Spezia, ma possono risultare decisivi per far pendere la bilancia a favore del Pdl o del Pd a livello generale. Nessun soprassalto di presunzione o voglia di riscatto da parte dei politici locali: il fatto è che, vista la composizione delle liste, con parecchi concorrenti in grado di prendere o smistare (anche per dispetto) voti trasversali, la Liguria diventa una delle cinque regioni-chiave. Secondo alcuni, addirittura tre: lo ribadisce il sottosegretario Enrico Letta, secondo cui «a fare la differenza nella corsa verso la riconquista del governo da parte del Pd saranno Sardegna, Marche e, appunto, la Liguria», che negli ultimi sessant’anni ha votato in massa, inquadrata e coperta, per il calderone variegato della sinistra. Ora il vento, anche da queste parti, è girato: i sondaggi indicano un significativo ribaltamento dei consensi. Anche perché la scelta dei due «registi» Berlusconi-Scajola di mettere come capolista per Palazzo Madama il professor Enrico Musso in contrapposizione a Roberta Pinotti, deputato uscente, vicinissima a Veltroni e quindi vista come espressione del vertice romano del Pd più che della base locale del partito, sembra fatta apposta per catturare un’ampia fascia di incerti, se non addirittura di lib-lab.
A far pensare così è innanzi tutto l’exploit di Musso, lo scorso anno, come sfidante di Marta Vincenzi per la carica di sindaco di Genova: il quarantacinquenne docente universitario di Economia dei trasporti è arrivato a un soffio dall’elezione di fronte alla parlamentare europea diessina, accreditata alla vigilia di un plebiscito. Inoltre Musso, tuttora «indipendente», ha criticato di recente senza peli sulla lingua alcune scelte tattiche del centrodestra. E anche questo ha giocato a suo favore incrementandone la popolarità presso il pubblico neutrale.

Se poi a tutto questo si aggiungono la designazione in extremis a capolista dell’Udc del consigliere regionale Rosario Monteleone - «signore delle tessere», esponente dell’elettorato cattolico, già diniano nella Margherita -, e lo scontento, con relativa diaspora, nella Sinistra Arcobaleno, coalizione potenzialmente in grado di aggregare in Liguria il 15 per cento dei voti, si capisce come uno spostamento anche minimo di suffragi nei due campi possa provocare un terremoto. E di conseguenza, per effetto del premio di maggioranza regionale al Senato, proiettare la Liguria da semplice comparsa a protagonista sullo schermo di Palazzo Chigi.

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