Roche, cento progetti di ricerca

Le biotecnologie hanno rivoluzionato le cure mediche degli italiani. In questi ultimi dieci anni quasi il 50 per cento dei farmaci impiegati sono stati sostituiti da altri frutto della ricerca farmaceutica avanzata. Nuovi principi attivi hanno dimostrato la propria grande efficacia. L'innovazione ha avuto un ruolo chiave, ha modificato mercati, aziende, consumi. I risultati della ricerca ottenuti dal Gruppo Roche hanno fatto conquistare il primo posto al mondo in ambito biotecnologico a questa industria farmaceutica di Basilea che in Italia è diventata la prima azienda per forniture di medicinali negli ospedali. «Il 50 per cento dei nostri farmaci è stato messo a punto dopo il Duemila», ricorda Maurizio de Cicco, 50 anni, romano, in Roche da 25 anni, da due amministratore delegato della consociata italiana che ha un volume di affari di 840 milioni di euro. Questo Gruppo farmaceutico svizzero, 75mila dipendenti, è presente in 150 Paesi ed ha registrato nei primi nove mesi del 2007 un fatturato di circa 20 miliardi di euro.
«Nel 2006 il Gruppo Roche ha investito in ricerca - afferma de Cicco - oltre il 15 per cento del volume di affari pari a oltre 6 miliardi di franchi svizzeri. Determinanti sono state le scelte compiute negli anni Novanta quando abbiamo concluso alleanze strategiche finalizzate all'innovazione ed abbiamo acquisito partecipazioni di maggioranza in aziende biotecnologiche come la californiana Genentech e la giapponese Chugai. Queste scelte ci hanno consentito di mettere a punto farmaci importanti per la cura di molte malattie. Un tempo tutti ci conoscevano per i nostri antibiotici come Bactrim e Rocefin, o gli antinfiammatori come l'Aulin, prodotti che in questo momento più soffrono. Oggi siamo i primi nell'area oncologica, dei trapianti e nella diagnostica in vitro oltre che tra i primi gruppi nell'ambito della virologia e anemia. Siamo all'avanguardia nella ricerca di nuovi trattamenti per le patologie del sistema immunitario, dei processi infiammatori e delle ossa. In Italia abbiamo oltre 100 studi in corso».
Milioni di pazienti nel mondo sono curati con i nuovi farmaci biotecnologici: molti gli anticorpi monoclonali che riconoscono e si legano ad un bersaglio cellulare specifico inibendo o attivando alcune sue funzioni. Bevacizumab è il primo inibitore dell'angiogenesi. Affama il tumore bloccando la crescita dei vasi sanguigni che forniscono nutrimenti ed ossigeno ai tessuti. È il risultato di più di trent'anni di ricerca, questo farmaco è stato approvato in Europa nel 2005 per il trattamento del colon retto metastatico e nel marzo 2007 per la cura del tumore della mammella. Un programma clinico sta proseguendo le ricerche e sperimentando su oltre 40mila pazienti l'azione di questo farmaco.
Rituximab è il primo ed unico anticorpo monoclonale che grazie al suo meccanismo d'azione viene utilizzato con successo sia per il trattamento del linfoma non Hodgkin, che per l'artrite reumatoide. Erlotinib è il primo ed unico inibitore orale delle cellule neoplastiche in pazienti con tumore avanzato polmonare non a piccole cellule e da poco ha ottenuto l'approvazione Emea anche per il pancreas. La capecitabina, registrata in oltre 90 Paesi, è impiegata nel carcinoma del colon retto e, dal giugno 2005, nel carcinoma della mammella metastatico. Trastuzumab dal 1998 è stato impiegato nel trattamento di oltre 400mila donne con tumore al seno e ha dimostrato di ridurre del 46% il rischio di recidiva.
«Nell'oncologia siamo leader, ma ora uno dei nostri principali fattori di crescita - precisa Maurizio de Cicco - è rappresentato dalle nostre ricerche sulle malattie autoimmuni, in particolare l'artrite reumatoide. Per la cura di queste patologie si impiegano i farmaci biologici in grande sviluppo negli ultimi cinque anni.

Sono importanti, efficaci, ma non agiscono su tutti i pazienti. Molti non rispondono a questi trattamenti, per questo i nostri ricercatori stanno studiando nuove molecole di maggiore efficacia, una di queste, Tocilizumab, è frutto della ricerca con Chugai».

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