A Roma gli Snøhetta, i norvegesi che fondono architettura e paesaggio

Al Macro Testaccio dall'8 luglio al 14 agosto una mostra dedicata alle opere e ai progetti dello studio che prende nome da una montagna del paese scandinavo, che ha sbalordito il mondo con la Biblioteca di Alessandria d'Egitto, con l'Opera House di Oslo e con tanti altri «gesti» poetici

Una mostra dedicata ai progetti di uno degli studi di architettura più importanti del mondo, Snøhetta, sarà al Macro Testaccio di Roma dall'8 luglio al 14 agosto, unica tappa italiana di un tour mondiale della mostra che la Norvegia ha voluto dedicare allo studio-icona della sua architettura contemporanea.
Quando più di venti anni fa cinque giovani architetti (tre norvegesi, un austriaco e un americano) decisero di aprire insieme lo studio a Oslo e decisero di chiamarlo Snøhetta, il nome di una delle cime più alta della Norvegia, certo non potevano immaginare che lo studio sarebbe non solo diventato il più importante del Paese ma che sarebbe entrato nella rosa dei protagonisti dell'architettura internazionale contemporanea. Chiave del loro successo, l'idea di fondere nei loro progetti architettura e paesaggio (quattro di loro erano specializzati in architettura del paesaggio).
Avevano già ottenuto i primi riconoscimenti in patria, quando nel 1989 si iscrivono al concorso per la Biblioteca di Alessandria d'Egitto, e lo vincono superando nomi eccellenti. Alla sua inaugurazione nel 2002, il progetto conquista pubblico e critica per la sua forma simile a un disco che sta emergendo dal terreno, per l'organizzazione del contesto, per la scelta dei materiali, per l'attenzione all'eco-compatibilità, per la grande vivibilità dell'interno, per la poesia del muro di pietra con l'intervento grafico di un'artista norvegese.
Da lì la storia di Snøhetta è un susseguirsi di successi in tutti i campi del progetto: musei grandi e piccoli - recentissima la vittoria del concorso per l'ampliamento del Museo d'Arte Moderna di San Francisco, firmato da Mario Botta -, padiglioni temporanei con forme inusuali, piccoli interventi nel paesaggio, alberghi, ristoranti, ponti, centri congresso, Memorial; dalla Norvegia agli Emirati, da New York e San Francisco al Messico; dall'Egitto a Londra e così via.
Diretto da due dei suoi cofondatori - Craig Dykers (americano) e Kjetl Trædal Thorsen (norvegese) - insieme a quattro partners, oggi lo studio ha uno staff di più di 120 architetti nelle due sedi di Oslo e New York. Tra i più importanti riconoscimenti ottenuti, l'Aga Khan Award nel 2004 e il Premio Mies van der Rohe nel 2009. Il lavoro di Snøhetta arriva a Roma nella mostra prodotta dal Museo nazionale di arte, architettura e design di Oslo e commissionata dal ministero degli Affari esteri norvegese. Plastici, film, disegni e fotografie si concentrano sui progetti più significativi, partendo dalla Biblioteca di Alessandria d'Egitto fino all'Opera House di Oslo, concepita non come un singolo edificio ma come un candido ondulato paesaggio urbano da vivere; dalle forme organiche del King Abdulaziz Centre for Knowledge and Culture in Sud Arabia al Padiglione del Memoriale dell'11 Settembre a New York; fino all'incredibile «tromba» in membrana plastica ideata come padiglione smontabile per il più importante festival di jazz in Norvegia.

Chi poi vuole saperne di più, grazie a un tavolo interattivo può ottenere tutte le informazioni desiderate sugli altri progetti dello studio.
Al Macro Testaccio, padiglione 9b, in piazza Orazio Giustiniani 4 dall'8 luglio al 14 agosto, da martedi a domenica ore 16-24, ingresso libero.

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