Ronaldo e la nuova Italia «Ora il calcio è senza mafia»

«Moratti ha dovuto dire per forza quelle cose su di me, ma gli voglio sempre bene. Capello? Non bisogna credergli, però Cuper fu peggio»

Le medaglie sul petto. Da mercoledì notte tutto il Milan, da Silvio Berlusconi, il presidente, al suo magico leader, Kakà, se le mira e se le rimira. Persino la telefonata di complimenti di Pancalli, commissario straordinario, viene segnalata sul sito ai tifosi con soddisfazione. «Cinque anni di fila nei quarti di Champions league, unica squadra tra le 8 sorelle capace di ripetersi rispetto all’anno prima» rammenta Adriano Galliani che ha la fissa delle statistiche e conosce i primatisti con sette piazzamenti consecutivi, il Real Madrid (dal ’98 al 2004) e il Manchester United (dal ’97 al 2003). «In campo, a San Siro contro il Celtic, c’erano sette reduci dalla finale di Manchester e quattro esponenti del recente mercato, Oddo, Bonera, Jankulovski e Kakà» l’altra riflessione di Galliani. Che da una parte fa luccicare il grande orgoglio di Silvio Berlusconi («Noi abbiamo uno spogliatoio molto motivato, i nostri sono scelti non solo come atleti, ma anche come uomini, la scuola Milan poi è la migliore nel mondo del calcio») e dall’altra serve a marcare anche il buon esito del mercato, le scelte più discusse finite al centro delle polemiche recenti (Oliveira e compagnia).
Celebrata la qualificazione a San Siro, il nucleo storico dirigenziale del club, è finito a tavola in un ristorante di zona piazza 5 Giornate, con l’aggiunta di Emilio Fede. Qui, Silvio Berlusconi e Galliani, Braida e Ancelotti, hanno messo a punto i piani della prossima stagione sistemati su due grandi piloni di cemento armato. Il primo è relativo all’immediato futuro di Carlo Ancelotti che si è messo da solo in discussione nelle settimane passate e che ha ricevuto una investitura solenne. Il secondo è il mercato: con lui il Milan tirerà dritto, verso Barcellona, per seguire da vicino la trattativa Ronaldinho e, verso Torino, monitorando l’affare Buffon che è ancora aperto, nonostante le garanzie di Cobolli Gigli. Prima dell’ultimo brindisi, il giuramento è stato solenne. «Siamo la squadra col maggior tasso tecnico, possiamo puntare al titolo» è la missione affidata da Berlusconi al tecnico. Atene, nel cuore della notte tenera per i milanisti, è diventato il nuovo obiettivo dichiarato. Più del quarto posto, inevitabilmente intrecciato col derby.
Occhi puntati al sorteggio di oggi, con qualche macumba, tipo Gattuso («vorrei Bayern o Psv») o Cafu («non la Roma, per carità»), ricambiata da Spalletti («il Milan? più tardi possibile») specchiandosi nell’inatteso superman del gol chiamato Kakà, a quota 6 in Champions, grazie probabilmente alla fede che lo accompagna nella vita e nella professione. «Non mi sono arreso nemmeno quando ho preso la traversa a fine partita. Anzi ero sicuro che avrei segnato nell’azione successiva» la confessione del giovin campione brasiliano, stella di una Champions «davvero speciale» nella quale diventa la stampella di un Milan rimasto a secco con gli attaccanti (Inzaghi e Gilardino presentano numeri inquietanti).

E se persino l’ultimo arrivato, Bonera, si identifica nel sacrificio simbolico di Maldini (in campo in imperfette condizioni fisiche), allora vuol dire che la scuola Milan è sempre aperta. E che il nuovo traguardo tracciato da Berlusconi, con un po’ di fortuna, e qualche fischio favorevole può essere raggiunto.

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