Rutelli: D’Alema unico vicepremier? Irricevibile

Antonio Signorini

da Roma

La lista rimane nella tasca di Romano Prodi. Sigillata, anche perché «meno se ne parla e meglio è», ha ammesso ieri il leader dell’Unione. In realtà quella che il Professore sta custodendo è solo un’ipotesi di organigramma e rimarrà tale fino a quando non saranno superati i principali scogli, cioè la presenza o meno di Piero Fassino nell’esecutivo e il ruolo di Massimo D’Alema. Tutto il resto - i ministri, i sottosegretari e gli strapuntini di sottogoverno - verranno dopo e risentiranno di quello che succederà tra Palazzo Chigi, il Botteghino e largo del Nazareno, sede della Margherita.
Prodi si mostra ottimista: «C’è ancora tempo, anche perché i tempi si sono allungati». Poi, però, spiega che resterà al lavoro per tutto il fine settimana. Già ieri a Piazza Santi Apostoli è stato un viavai di politici ed aspiranti ministri. Lo stesso Fassino, ma anche Tommaso Padoa Schioppa, il capogruppo dell'Ulivo alla Camera Dario Franceschini, il leader dell'Italia dei valori Antonio Di Pietro, il segretario del Prc Franco Giordano, gli esponenti Dl Arturo Parisi, Willer Bordon ed Enrico Letta. Molto lavoro e pochi progressi. «Sono giorni decisivi», ha spiegato Prodi. E per il Professore saranno più che altro lunghe ore in attesa che i Ds trovino un equilibrio che accontenti il segretario e il presidente del partito. E poi, di seguito, che la Quercia trovi un compromesso con la Margherita.
D’Alema contro Fassino. L’ipotesi più probabile è che Fassino rinunci a un posto nell’esecutivo per dedicarsi esclusivamente alla guida della Quercia e, soprattutto, alla costruzione del partito democratico. In questo modo D’Alema potrebbe rimanere il principale rappresentante Ds nell’esecutivo. Un risarcimento per il passo indietro sulla presidenza della Camera e sul Quirinale, ma anche un riconoscimento del ruolo di azionista di maggioranza del governo che D’Alema vorrebbe vedere rafforzato da un’unica vicepresidenza del Consiglio. L’alternativa prospettata da Fassino a Prodi prevede uno schema di governo senza vicepremier. Questo nodo, insomma, ancora non è stato sciolto. E il «c’è tempo» di Prodi è riferito proprio alla vicepresidenza, ambita anche da Francesco Rutelli.
Ds contro Margherita. Di passi indietro il leader della Margherita non ne vuole fare. «Ci viene da ridere a sentire certe voci che girano - ha riferito una fonte Dl - Rutelli ha accettato di fare il vicepremier con una delega minore (quella ai Beni culturali, ndr) e ora, dopo che lo schema è stato deciso, si rimette tutto in discussione». Quella di un vicepremier unico o nessun numero due, è proposta «irricevibile, non trattabile».
«Nessun ministero in meno». Tra la Margherita e i Ds si sta anche giocando un’altra partita, quella del numero dei ministeri. Ieri Fassino ha insistito nella richiesta originaria di nove dicasteri. Nessuna riduzione, quindi, per l’elezione di Giorgio Napolitano al Quirinale. «I vertici istituzionali - ha spiegato Fassino - hanno una loro dinamica, la formazione del governo in genere rispecchia e non si discosta dai rapporti di forza elettorali». È probabile che alla fine delle trattative ai Ds tocchino solo otto ministeri e sei alla Margherita.
Tre ore con Padoa Schioppa. I Ds incasseranno sicuramente la delega agli Esteri, riservata a D’Alema. Inchiodata alla scacchiera anche la pedina dell’Economia reale, da tempo assegnata a Pier Luigi Bersani. Nessuno mette in discussione Tommaso Padoa Schioppa per il dicastero dell’Economia. Anche se ieri un lunghissimo incontro tra Romano Prodi e l’ex membro della Bce ha messo in allarme il mondo dell’Economia. «Abbiamo iniziato a vedere un po’ di numeri», ha assicurato Prodi dopo tre ore di faccia a faccia con l’economista.
Pallaro ministro. La paralisi sulle vicepresidenze del Consiglio non ha fermato le trattative sui ministeri. Ma c’è stato appena il tempo di fare qualche limatura. E per confermare diverse caselle, come quella del dicastero dell’Interno per Arturo Parisi, prodiano della Margherita, la Difesa a Clemente Mastella e la Giustizia a Giuliano Amato. Rosi Bindi ha consolidato la sua candidatura per l’Istruzione e Livia Turco alla Sanità. L’esponente dalemiana lascia quindi libero il posto al dicastero del Lavoro per il quale si rafforza la candidatura di Cesare Damiano, altro esponente Ds, ma fassiniano. La probabile rinuncia di Fassino al governo potrebbe aprire le porte del governo anche a Vannino Chiti, in ballo per due ministeri: i Rapporti con il Parlamento e anche le Comunicazioni che i Ds vorrebbero strappare a Paolo Gentiloni della Margherita. Tra le candidature spuntate ieri, c’è quella del ministro per gli Italiani nel mondo.

Si è fatto il nome di Leoluca Orlando di Italia dei valori, ma sembra più probabile la nomina di Luigi Pallaro. Il senatore italo-argentino che ha tenuto i due poli con il fiato sospeso all’inizio della legislatura, quando ancora non aveva deciso con chi schierarsi.

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