La sua diffusione è in aumento. Secondo recenti stime americane interessa un individuo su 88 e i maschi sono colpiti 4-5 volte più frequentemente rispetto alle femmine. L'autismo rientra in quelli che vengono definiti "disturbi pervasivi dello sviluppo" (tra questi anche la cosiddetta sindrome di Asperger) che possono manifestarsi con gradi variabili di gravità. Per questo motivo si tende a parlare di spettro autistico. Tali disturbi sono strettamente correlati ad uno sviluppo alterato del cervello e chi ne è affetto presenta problematiche varie: difficoltà nell'interazione sociale e nella comunicazione (verbale e non), comportamenti ripetitivi, disabilità intellettiva, disturbi gastro-intestinali e alterazioni della coordinazione motoria. La sintomatologia compare nella prima infanzia, in particolar modo intorno al secondo-terzo anno di vita, e persiste per tutta l'esistenza. Nonostante la presenza di sintomi importanti, purtroppo la diagnosi non è semplice e nemmeno repentina. Nel corso degli anni si è fatta sempre più viva l'esigenza di sviluppare strumenti di screening oggettivi, non invasivi e che non dipendano dal comportamento del paziente o dalle sue capacità di verbalizzazione. Attualmente uno dei test più diffusi è la scala M-CHAT che utilizza le risposte fornite dai genitori.
Per rispondere al bisogno di una diagnosi sicura e precoce è stato condotto uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Current Biology. La ricerca, guidata da Caroline Robertson, si è focalizzata su un tratto peculiare del cervello di un soggetto affetto da autismo, ossia l'ipersensibilità nei confronti degli imput sensoriali. La stessa conduce ad una diversa elaborazione degli stimoli esterni, basata sull'incapacità di inibizione. Quando vengono presentate due immagini nello stesso momento e si chiede di prestare attenzione ad entrambe, il cervello di un individuo sano sceglie la figura proveniente da un solo occhio e sopprime l'altra. In uno studio precedente la professoressa Robertson aveva dimostrato che il cervello di una persona affetta da autismo è più lento nel passare da una immagine all'altra a causa di differenze nella trasmissione sinaptica di tipo inibitorio. Per la nuova indagine sono state utilizzate tecniche di registrazione del segnale cerebrale (elettroencefalografia) al fine di misurare l'entità di questo rallentamento. Si sono così creati dei profili neurali basati su codesta caratteristica e collegabili alla gravità dei sintomi dell'autismo, quest'ultima misurata attraverso valutazioni cliniche tradizionali.
La precisione del marker neurale nell'ambito della diagnosi precoce del disturbo si è attestata attorno all'87% ed ha inoltre dimostrato una correlazione tra l'entità del rallentamento e la gravità della sintomatologia riscontrata. Sono dati questi che fanno ben sperare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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