Il San Raffaele e la ricerca sulle staminali neurali

Il successo, alla guida di un network, nella scoperta di nuovi farmaci contro la sclerosi multipla progressiva

Riccardo Cervelli

L'Italia è all'avanguardia nella ricerca sulle cellule staminali finalizzata alla scoperta di nuove terapie dall'efficacia comprovata. Lo dimostra, tra altri casi, la recente vittoria, da parte di un consorzio internazionale coordinato da Gianvito Martino, dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, di un bando competitivo da 4,2 milioni per un progetto che mira all'individuazione di farmaci contro la sclerosi multipla progressiva.

Il network guidato dal professor Martino (già direttore della Divisione di Neuroscienze e recentemente promosso direttore scientifico dell'eccellenza della Sanità nazionale), ha avuto ragione, insieme a un consorzio canadese e uno americano, su un parterre che ha coinvolto più di una cinquantina di consorzi di cui facevano parte circa 500 ricercatori provenienti da centri di ricerca di tutto il mondo.

Del pool coordinato dal medico e scienziato fanno parte anche l'Università di Milano, l'Istituto Superiore di Sanità, il Consiglio Nazionale della Ricerca, l'Università La Sapienza di Roma, l'IRBM di Pomezia, università e centri di Francia, Germania, Canada e Stati Uniti. Martino tiene subito a fare una premessa: «Oggi la maggior parte dei successi nesì di un lavoro di squadra internazionale. Squadra che deve coinvolgere più attori quali sono le università, gli ospedali, le aziende del settore sanitario, ma anche le associazioni di pazienti (il progetto da 4,2 milioni di dollari è finanziato da un'alleanza di cui fa parte anche FISM) e gli sponsor privati (Bmw Italia sostiene da anni le ricerche sulle staminali dell'Ospedale San Raffaele).

Che cosa prevede il progetto da 4,2 milioni? «Grazie a cellule staminali prelevate dalla pelle di malati di sclerosi multipla progressiva - spiega Martino - riproduciamo in laboratorio reti neurali sulle quali studiamo l'azione protettiva di migliaia di molecole. Tramite strumenti informatici in grado di elaborare enormi moli di dati, ovvero i cosiddetti Big Data, analizziamo quindi i risultati di questi esperimenti. L'obiettivo è arrivare, nel giro di 4 anni, a identificare due o tre molecole promettenti con cui avviare un primo studio nell'uomo». Già più prossima alla conclusione del percorso «dal bancone al letto del pazient» è, invece, la ricerca, iniziata al San Raffaele nei primi anni Duemila, sulle capacità delle cellule staminali neurali di svolgere azioni preventive e riparative nei pazienti che hanno subito danni cerebrali, quelli prodotti dalla sclerosi multipla, dall'ictus cerebrale o dai traumi spinali. «La missione del nostro team di ricercatori - spiega ancora Martino - è capire come il cervello si difenda dalle aggressioni esterne. Noi del San Raffaele siamo stati tra i primi a ipotizzare che le cellule staminali fossero uno degli strumenti di difesa che il cervello utilizza per controllare le funzioni del nostro corpo».

Da questa scoperta si è passati all'ipotesi e successivamente alla dimostrazione in laboratorio che, trapiantando in vivo queste cellule, dopo averle opportunamente manipolate, si potesse appunto sfruttarne le proprietà riparative. «Entro quest'anno - aggiunge - Martino - speriamo di ricevere l'autorizzazione per passare alla sperimentazione sulle persone delle terapie a base di staminali del cervello da noi sviluppate».

L'obiettivo ultimo di queste ricerche è quello di sviluppare terapie capaci di rigenerare e non solo di riparare organi e tessuti danneggiati.

«Siamo fiduciosi - conclude Martino - che, anche se il percorso è ancora molto lungo, le terapie a base di cellule staminali possono diventare nel futuro prossimo, da opportunità quale sono ora, una realtà consolidata non solo nelle malattie da noi studiate, ma anche in altre patologie neurodegenerative o psichiatriche dove è sempre più evidente che i meccanismi di autodifesa del cervello non funzionano a dovere».

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