Sindrome di Clouston, un anticorpo monoclonale può contrastarla

Nuove speranze giungono da uno studio condotto dall'Istituto di biochimica e biologia cellulare del Cnr di Monterotondo

Sindrome di Clouston, un anticorpo monoclonale può contrastarla

Nel mondo sono stati segnalati 7mila casi. Benché possa manifestarsi in ogni gruppo etnico, sembrerebbe prediligere quello caucasico. Nota anche come displasia ectodermica idrotica, la sindrome di Clouston non è propriamente una singola malattia, ma un insieme di problematiche che derivano da anomalie strutturali dell'ectoderma. Venne descritta per la prima volta nella popolazione franco-canadese e attualmente si contano più di 150 tipologie. Trattandosi di una patologia ereditaria, la sindrome di Clouston viene trasmessa come carattere autosomico dominante, tuttavia la sua espressione è abbastanza variabile anche tra soggetti della stessa famiglia che ne sono affetti. Ciò, come ben si può comprendere, incide sulla sua individuazione e non è un caso se la malattia sia spesso sottodiagnosticata.

La sindrome di Clouston è causata da una mutazione del gene GJB6 (13q12) che codifica per la connessina 30 (Cx30). L'alterazione provoca un cambiamento dei blocchi costitutivi di singole proteine, gli amminoacidi, nella Cx30. Nonostante gli effetti di tali mutazioni non siano stati ancora completamente compresi, si sa che essi portano ad anomalie nella crescita, nella divisione e nella maturazione delle cellule nei follicoli piliferi, nelle unghie e nella pelle. La patologia, infatti, può essere classificata non solo in base alla ereditarietà (autosomica dominante, autosomica recessiva, x-linked), ma anche in riferimento alle strutture coinvolte (capelli, denti, unghie, ghiandole sudoripare).

A caratterizzare la sindrome di Clouston è una triade clinica: distrofia delle unghie, alopecia e ipercheratosi palmo-plantare. I soggetti affetti da DE spesso presentano anomalie dei follicoli piliferi. I peli appaiono esili, radi, di colore molto chiaro. I capelli, che possono essere eccessivamente fragili, ricci o anche annodati, crescono molto lentamente. Se ad essere interessate sono le unghie, esse si riconoscono per la forma anomala e per la fragilità. Increspate e prive di colore, la loro crescita è rallentata. Sulla pelle, invece, si può apprezzare una pigmentazione rossa o marrone. Talvolta sulla pianta del piede o sul dorso della mano compaiono eruzioni e infezioni. I soggetti con sindrome di Clouston hanno spesso alcune caratteristiche cranio-facciali tipiche, come fronte prominente e mento più lungo e pronunciato.

Nuove prospettive per la cura della sindrome di Clouston sono riposte in uno studio dell'Isituto di biochimica e biologia cellulare del Cnr di Monterotondo (coordinato da Fabio Mammano), in collaborazione con l'Università di Padova e la ShanghaiTech University e co-finanziato dalla Fondazione Telethon. I ricercatori hanno individuato un anticorpo monoclonale (abEC1.1) che, legandosi alla proteina denominata connessina 30 (Cx30), è in grado di ripristinarne il normale funzionamento in presenza di mutazioni che causano la DE. I risultati dell'indagine scientifica, pubblicati su 'EBioMedicine' del gruppo Lancet, fanno ben sperare.

Attualmente, infatti, non esiste un trattamento per la sindrome di Clouston. Tuttavia una cura, sia topica che sistemica, con l'anticorpo monoclonale può rinstaurare la normale omeostasi nei tessuti della pelle affetti dalle mutazioni di Cx30.

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