Sono circa 3778 i trapianti di organi eseguiti nel 2021 da donatori deceduti o viventi, 362 da vivente, 18506 di tessuti, 931 di cellule staminali, 163 pediatrici. È questa la situazione in materia di trapianti di organi nel nostro Paese. La Lombardia resta la regione dove si eseguono più trapianti. Di fatti nell’anno 2021 ne sono stati eseguiti circa 686, sommando quelli da donatori deceduti e da donatori viventi. Segue il Veneto con 523, l'Emilia-Romagna con 486, il Piemonte con 452 e il Lazio con 396. La prima regione del Meridione è la Sicilia con 261, seguita da Puglia (124) e Campania (118). Fanalino di coda l'Umbria con 7 trapianti eseguiti.
Secondo le leggi vigenti in materia di trapianti di organi chi è in vita può esprimere o meno il consenso alla donazione. Purtroppo sono ancora poche le persone che esprimono il loro consenso. Urge diffondere nel nostro Paese una vera e propria cultura delle donazioni in cui un ruolo emblematico è rappresentato dalla comunicazione.
In questi giorni a Trieste nell’ambito del 45esimo Congresso nazionale della SITO, la società italiana che si occupa di trapianti di organi è arrivata la notizia di una straordinaria operazione portata a termine presso l'Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena. Questo intervento è stato eseguito dall'equipe della Chirurgia oncologica, epato-bilio-pancreatica e dei trapianti di fegato diretta dal Professor Fabrizio Di Benedetto. Un uomo di 38 anni ha donato il suo emifegato destro alla madre di 68 anni, affetta da tumore primitivo del fegato in un contesto di cirrosi epatica avanzata. L’intervento è stato effettuato attraverso la pura tecnica robotica. Si è eseguito l’accesso all'addome con dei fori di 8 millimetri e si è intervenuti totalmente dalla console robotica.
Questa è la massima espressione della più evoluta mini-invasività applicata ad un intervento di prelievo di emifegato. Questo tipo di intervento è sempre risultato complesso stando alle procedure esistenti. Si pensi che in Occidente sono stati eseguiti pochissimi casi nonostante i potenziali benefici per il donatore. L'intervento di Modena apre scenari interessanti. L'Italia è già leader nel trapianto di fegato da cadavere e ora sta irrobustendo la sua esperienza anche da donatore vivente.
Della diffusione della cultura delle donazioni e di com’è la situazione in Italia in materia di trapianti di organi discutiamo con il Prof. Ugo Boggi, ordinario di Chirurgia Generale all'Università di Pisa e professore associato aggiunto in Chirurgia Generale presso l'Università di Pittsburgh.
Prof. Boggi, come mai in Italia serve una cultura delle donazioni? Cosa crea tanta opposizione e difficoltà nella sua affermazione?
Dobbiamo ammettere che questo tipo di cultura serve non solo in Italia ma in tutto il mondo. La cultura delle donazioni incontra diverse difficoltà per motivi sociali, culturali, religiosi. C’è molta reticenza nei confronti dell’argomento oltre a tante paure. C’è bisogno di dialogo e un’adeguata informazione in materia.
Come dovrebbe essere questa cultura delle donazioni?
Deve essere basata su un’adeguata comunicazione. Bisogna sensibilizzare la cittadinanza attraverso iniziative di informazione adeguata e positiva. Occorrerebbe andare in giro per le scuole per parlare coi ragazzi, organizzare manifestazioni sportive perché una persona su tre negli Stati Uniti come in Italia ha bisogno di fare chiarezza su questo argomento molto delicato che tocca la sensibilità di ognuno di noi perché ciò che si teme di più è la morte.
E la situazione delle donazioni da vivente com'è nel nostro Paese?
La donazione da vivente tocca dinamiche ancora più sensibili che abbracciano l’intera famiglia di appartenenza. In questo caso è errato parlare di convincimento. Non si può convincere una persona a donare bensì si deve informare adeguatamente. Hanno fatto scuola gli olandesi che sono ben organizzati in materia perché hanno messo in atto un sistema in cui è molto diffusa l’educazione sanitaria e tutto ciò si traduce in un numero molto alto di trapianti di donatori viventi
Che impatto ha avuto il Covid sui trapianti di organi?
Un impatto limitato. Per fortuna il sistema dei trapianti è rimasto operativo anche quando tra il marzo- aprile 2020 c’è stata la grande ondata della pandemia. Fortunatamente anche il sistema delle rianimazioni è stato di grande supporto ai trapianti in quel periodo cruciale. C’è stata una lieve flessione dei numeri dei trapianti nel 2020 ma nulla a che vedere rispetto a quella che ha subito l’attività oncologica.
Come mai si praticano più trapianti al Nord rispetto a Sud?
Nel Meridione risulta più difficile praticare i trapianti a causa di difficoltà legate al contesto sociale. È un problema di organizzazione non dipendente dal personale sanitario ma legato alla difficoltà di raggiungere determinati territori. Le faccio l’esempio della Toscana che registra più donazioni perché conta su un sistema organizzativo efficiente grazie all’adozione del modello spagnolo già a partire dagli anni Novanta.
Si parla tanto di xenotrapianto in materia di trapianti di organi. È davvero considerata una nuova frontiera?
Di questo argomento si parla da tantissimi anni. Basti pensare che il primo caso di xenotrapianto risale in Italia al 1963 quando è stato trapiantato un rene di uno scimpanzé in un uomo. Utilizzare gli organi di un animale per gli uomini è una specie di sogno per la comunità scientifica anche se si vanno incontro a nuove problematiche come la potenziale trasmissione di malattie che non conosciamo.
Se avessimo a disposizione degli esemplari di animali geneticamente modificati in modo da renderli più compatibili e simili a noi si potrebbero produrre organi sani e senza anomalie. La comunità scientifica sta cercando di fare sperimentazione e ricerca in merito in modo da aumentare sensibilmente la disponibilità di organi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.