«San Pietro vittima della Tv: nomi, luoghi e fatti sbagliati»

«Nerone non liberò i cristiani e San Paolo non fondò la comunità di Roma»

Andrea Tornielli

da Milano

«C’è un errore storico piuttosto grossolano nelle scene finali e c’è molta, molta fiction... ». Marta Sordi, professore emerito di storia romana all’Università cattolica di Milano, studiosa dei rapporti tra la prima comunità cristiana e le autorità imperiali, ha visto da telespettatrice il film in due puntate che la Rai e la Lux Vide hanno dedicato alla figura di San Pietro. La produzione l’aveva contattata per una consulenza sul copione. «Ho fatto molte correzioni - racconta la docente - forse le hanno giudicate troppe e così i rapporti si sono troncati. A un certo punto ho chiesto se volevano attenersi alla storia o al politicamente corretto... Ma devo dire che molte delle mie indicazioni sono state recepite, soprattutto nella prima parte del film».
Qual è l’errore più vistoso della fiction su San Pietro?
«Quello del finale: nelle ultime scene si assiste alla liberazione dei cristiani imprigionati da parte di Nerone. L’imperatore appare appagato per l’arresto di Pietro e lascia andare tutti gli altri».
Le cose non andarono così?
«Nient’affatto. Dopo l’incendio, Nerone scaricò la colpa sui cristiani, li fece catturare e crocifiggere nei giardini vaticani. Alle croci veniva appiccato il fuoco per rendere più spettacolare l’esecuzione. Lo storico Tacito scrive che una “moltitudine ingente” di cristiani venne condannata a morte e la persecuzione fu tale da impressionare molti cittadini romani che provarono compassione per i cristiani».
Dunque la scena di Pietro crocifisso con i cristiani che gli fanno corona e pregano per lui non è realistica?
«Da quanto ci dice la storia assolutamente no. Nerone in quell’occasione non fu liberale e uccise molti cristiani, non soltanto Pietro».
Nella fiction troviamo un gladiatore che si converte e cambia vita, poi ci sono il figlio e il nipote del centurione Cornelio... Quali di questi personaggi è storico?
«Nessuno. Va detto che nella seconda puntata del film il romanzo ha una parte preponderante sulla storia, ma comprendo le esigenze cinematografiche. Almeno sui nomi, però, si potevano evitare errori grossolani... ».
A che nomi si riferisce?
«Il figlio del centurione Cornelio viene chiamato Persio e il figlio di quest’ultimo addirittura Claudio, che è un nome imperiale. Il figlio di Cornelio doveva prendere il nome del padre... ».
Ammetterà che queste sono sottigliezze.
«Sì, sottigliezze che si potevano evitare».
E che cosa mi dice della prima puntata, quella relativa alla vita di Pietro a Gerusalemme?
«Mi è piaciuta di più. Anche se c’è un problema di consistenti proporzioni».
Quale?
«Pietro, che, tra parentesi, appare troppo vecchio, rimane sempre a Gerusalemme».
Perché, non è vero?
«No. Dalla fiction sembra che la comunità di Roma sia stata fondata da San Paolo, mentre questo non è vero. Abbiamo le testimonianze di Papia, vescovo di Gerapoli e di Clemente di Alessandria, risalenti al II secolo, che ci dicono che proprio Pietro fu il fondatore della comunità di Roma all’inizio dell’impero di Claudio, cioè nel 42. E che in quell’occasione Marco scrisse il suo Vangelo».
Mi scusi, questo è un dato storico acquisito?
«È un dato discusso. Ma quello che è certo è che la comunità di Roma non viene fondata da Paolo, perché quando lui scrive la sua Lettera ai Romani, i cristiani nella capitale dell’impero già ci sono e sono un gruppo importante. Inoltre sappiamo che Pietro ha viaggiato ad Antiochia e Corinto. Insomma, all’epoca si viaggiava più di quanto noi possiamo immaginare».


Mi dice una correzione significativa che lei ha fatto e che la produzione ha accolto?
«Quando Paolo perseguita i cristiani e si mette in viaggio verso Damasco, veniva fatto accompagnare dalle truppe romane, per dare l’idea che erano i romani a perseguitare la prima comunità dei seguaci del Nazareno. Gli Atti degli Apostoli, invece, su questo sono chiarissimi: quelle iniziative anticristiane erano prese dal Sinedrio, non dai romani. Nella stesura finale è stato giustamente rispettato questo dato degli Atti».

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