«Vittoria di Allah» significa il nome del leader di Hezbollah eliminato da Israele a 64 anni, dopo 32 alla guida incontrastata del partito armato libanese. Le bombe anti bunker lo hanno incenerito nel quartier generale di Beirut dove i miliziani sciiti mi avevano fatto arrivare incappucciato e lunghi giri in macchina, per l'intervista ad Hassan Nasrallah. Stanza oscurata, turbante nero e vestito a mantello da prete sciita, il capo di Hezbollah snocciolava un tazbè, il rosario islamico, e ti squadrava, affabile, da dietro gli occhiali con una spessa montatura a tartaruga. L'unica differenza, da allora a oggi, il barbone nero d'ordinanza musulmana, trasformato dagli anni in color argento. «Daremo soldi e armi, la rivolta non finirà» era il titolo su il Giornale dell'intervista esclusiva del 2000 a Nasrallah, che si riferiva fin da allora ai palestinesi. E l'obiettivo finale era «liberare» Al Qods, Gerusalemme, con l'aiuto dell'Iran che ha fatto diventare Hezbollah la punta di lancia del cosiddetto «asse della resistenza» dall'Irak, alla Siria, allo Yemen fino a Gaza.
Il giovane Hassan, primogenito di 8 fratelli, nato a Beirut, ripara con la povera famiglia del papà fruttivendolo al Sud durante la guerra civile libanese. A 16 anni va a studiare l'Islam, prima a Najaf, in Irak, dove vive in esilio l'ayatollah Khomeini e poi a Qom, la città santa iraniana della rivoluzione islamica. In questo periodo aderisce al partito sciita libanese Amal, ma nel 1982, dopo l'invasione israeliana del Libano, assieme ad un gruppo di compagni di merende che danno vita ai primi attacchi suicidi, partecipa alla fondazione di Hezbollah. A 22 anni viene nominato responsabile della roccaforte nella valle della Bekaa, ma Nasrallah, più che militare, è un politico, che nel 1992 diventa segretario generale di Hezbollah al posto di Abbas Musawi falciato da un elicottero dello Stato ebraico. Cinque anni dopo, Hadi, figlio primogenito, muore in battaglia con gli israeliani che occupano il Libano. Nasrallah giura vendetta eterna e riesce, con uno stillicidio di attacchi, a far ritirare l'odiato nemico dal Paese dei cedri. Hezbollah elegge i suoi uomini al Parlamento ed entra nel governo di Beirut, anche se Stati Uniti ed Unione europea lo bollano come gruppo terroristico. «L'America rimarrà il nemico terribile e Israele una crescita cancerogena che dovrebbe essere sradicata» è la sua linea mista all'abilità di creare uno stato nella stato con strutture armate e di assistenza civile a favore degli sciiti più diseredati. Nel 2006 Hezbollah ammazza e prende in ostaggio dei soldati israeliani oltre la linea blu, che segna il non riconosciuto confine con il Libano. Inevitabile la guerra senza quartiere, che però non piega i giannizzeri degli ayatollah. Non solo: interverranno nella guerra civile in Siria al fianco di Assad con i Pasdaran e il contingente russo.
Nasrallah annuncia tre anni fa che può contare su 100mila uomini in armi e grazie all'Iran ha un arsenale di 150mila missili. In 20 anni trasforma il Sud del Libano in un dedalo di avamposti, basi di lancio annidate fra le case e tunnel sotto il naso dei caschi blu.
Non si fa più vedere in pubblico per paura di venire incenerito da un drone, ma trasmette il verbo attraverso i lunghi discorsi su maxi schermi, come il 7 ottobre definendo «atto eroico» l'attacco stragista di Hamas. Dal giorno dopo fa lanciare contro Israele 9.
300 missili in appoggio ai palestinesi di Gaza. Venerdì, giorno di preghiera islamico, l'aviazione israeliana salda il conto. Nasrallah, come annunciano dagli alleati Houti dallo Yemen, «ha concluso con il martirio, nel miglior modo possibile, la sua guerra santa».
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