A San Valentino regalate racconti contro l’amore

Scherza con i fanti ma lascia stare i santi. E perché poi? Ogni tanto, per la precisione semel in anno, come dicevano gli antichi, a qualche santo fa bene spogliarsi della sacralità e tuffarsi nel mare della banalità. O meglio, non a loro in carne e ossa e aureola, bensì al loro brand, cioè alla gamma dei prodotti che li ha arruolati (gratis) come testimonial. Prendete Sant’Ambrogio, caro alle tardone plastificate e agli squali smokingati per la «prima» della Scala. Oppure Santo Stefano, protettore del bicarbonato e della citrosodina, i digestivi del cenone natalizio. O ancora San Silvestro, patrono dello spumante, delle lenticchie e delle mutandine rosse. Tre autentici fuoriclasse.
Ma nel campo del marketing il numero uno, il re Mida dei santi, quello che muove più soldi di tutte le leggi finanziarie della prima e della seconda repubblica messe insieme, è senza dubbio Valentino. La festa degli innamorati è infatti la più grande trovata pubblicitaria della storia. Chi non vorrebbe iscriversi, almeno per un giorno, al partito dell’amore? Nessuno. È come chiedere «preferisci star solo come un cane o avere qualcuno al tuo fianco nella buona e nella cattiva sorte?»: la risposta è nella domanda. Ora, sorvoliamo sul fatto che San Valentino da Terni, come molti suoi «colleghi», fece una bruttissima fine: martirizzato e decapitato il 14 febbraio 273 per aver diffuso il verbo cristiano nella Roma pagana. E sorvoliamo anche sul fatto che il suo culto, introdotto da Papa Gelasio I oltre due secoli dopo, prese il posto dei lupercalia, cioè delle feste, o meglio dei festini hard con accoppiamenti secondo e contro natura atti a scongiurare (ah, la volontà di potenza dell’eros...) l’arrivo nei villaggi dei lupi affamati. Stiamo sul pezzo, vale a dire sul versante commerciale della cosa e, giusto per agganciarci al libercolo che qui vogliamo segnalare, ricordiamo come tutto nasca dalle «valentine», i biglietti amorosi addobbati da cuoricini, colombe e cupidi vari diffusi dall’Ottocento prima nel mondo anglosassone e poi ovunque, incluso l’Oriente, con buona pace di buddhismo, taoismo e shintoismo. Scagli il primo messaggino (anche sotto forma di sms o mms) chi è senza peccato, chi non si è mai lasciato andare a questa pratica patetica e melensa.
Ebbene, se volete redimervi, o provare il brivido della trasgressione stendendo un velo pietoso di sarcasmo e autoironia su ristorantini, cinemini e regalini, leggete i racconti di San Valentino dei fessi, sottotitolo Perché ti amavo ieri e ti amerò domani (80144 edizioni, pagg. 182, euro 10). Soltanto così potrete digerire frasi come: «Tu sei l’unica donna della mia vita, proprio per questo non possiamo stare insieme», oppure «Onestamente, in san Valentino non ho mai creduto. Troppo convenzionale... Chi festeggia san Valentino, di norma, crede anche negli oroscopi e nell’anima gemella».

Il conformismo dell’anticonformismo è un rischio calcolato, soprattutto in amore e, visto che questi sberleffi più da lupercalia che da valentinisti saranno in libreria fra due giorni, avete tutto il tempo di acquistarne una copia per regalarla a chi sapete voi. O anche no.

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