Sandalo: «Denuncio Mastella Sofri deve ritornare in carcere»

L’ex leader di Prima linea contro il Guardasigilli sulla sospensione della pena. E Fassino risponde alla vedova D’Antona: «Gli uomini cambiano»

da Milano

Un comunicato durissimo. Roberto Sandalo, nome storico di Prima linea e primo grande pentito dell’organizzazione terroristica, va all’attacco di Adriano Sofri. O meglio, di chi l’ha restituito alla vita civile, anche se l’ex leader di Lotta continua non ha ancora finito di scontare la pena. Martedì sera Sofri era ospite d’onore, sul palco del cinema Capranica di Roma, alla presentazione della mozione di maggioranza ds sul Partito democratico. E Sandalo, che si è rifatto una vita dopo aver scontato undici anni di carcere, annuncia un esposto alla magistratura e una denuncia nei confronti del ministro della Giustizia, del direttore del Dap, del medico del carcere di Pisa e del giudice di sorveglianza della città toscana.
In effetti Sofri era detenuto al Don Bosco, con una condanna a ventidue anni per l’omicidio Calabresi, quando si sentì male nel novembre del 2005 per la rottura dell’esofago. Fu salvato con un drammatico intervento chirurgico e da allora non è più rientrato in cella. Oggi la sua pena è sospesa, com’è normale, anzi doveroso, per le persone in pessime condizioni di salute.
Per Sandalo però questo dato non conta. «A seguito della reieterata libertà per gravi ragioni di salute al detenuto Adriano Sofri - si legge nella nota firmata dall’Associazione Movimento cittadini SOS Italia, di cui l’ex piellino è animatore -, il provvedimento contrasta palesemente con il reale stato di salute di Sofri. In offesa alla famiglia di Luigi Calabresi e ai familiari delle altre vittime degli anni di piombo - continua -, non modificando il suo atteggiamento processuale, a partecipare a convegni culturali e politici di rilievo nazionale, in città diverse, con spostamenti che produrrebbero stanchezza e affaticamento in chiunque goda di buona salute».
Per queste ragioni l’Associazione Movimento cittadini SOS Italia denuncia un nugolo di autorità ipotizzando una sfilza di reati: procurata evasione, falso materiale, abuso d’ufficio e favoreggiamento.
Intanto, Piero Fassino risponde a Olga D’Antona, la vedova di Massimo e parlamentare diessina, che in una lettera diffusa mercoledì aveva attaccato il segretario dei ds per aver invitato Sofri al Capranica. «Se si ritiene - queste le parole - che Sofri sia vittima di un errore giudiziario, perché non chiedere la revisione del processo per scagionarlo? Ma se invece è colpevole, come la magistratura ha ritenuto, chiedo ai dirigenti del mio partito se in un Paese democratico, questo non rappresenti un vulnus nei rapporti con la magistratura».
«Gli uomini cambiano - replica Fassino a Radio anch’io -, un conto sono le responsabilità giudiziarie, altro che chi ha commesso atti gravi si evolva nella vita. Adriano Sofri è la dimostrazione che gli uomini cambiano e ha preso le distanze dal terrorismo». Non solo: «Da intellettuale, da giornalista, da scrittore - prosegue Fassino - Sofri ha via via sempre più partecipato al dibattito politico e culturale italiano e scrive almeno una volta alla settimana un articolo ampio su uno dei principali quotidiani del Paese», ovvero la Repubblica. «E non ricordo che questo quotidiano abbia ricevuto una sola lettera di protesta».
Insomma, secondo Fassino, Sofri si è ormai reinserito nella società ed è anzi una delle antenne più sensibili della cultura contemporanea.

Da Firenze, però, i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, per opera della mafia il 27 maggio 1993, «uniscono la loro voce allo sdegno della vedova D’Antona, mentre ancora una volta si tenta di imporre alle vittime del terrorismo, attraverso un processo di normalizzazione, figure di uomini che hanno avuto una parte integrante nei momenti più bui e tragici della vita del Paese».

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