La Sardegna tassa le barche, i vip girano al largo

Sindaci in trincea: «Questo è un regalo a Croazia e Grecia. Così ci annientano»

Guido Mattioni

Probabilmente per lui - terzo uomo più ricco d’America e settimo nella classifica mondiale della rivista Forbes - la decisione di evitare i porti della Sardegna nella sua crociera estiva è stata una questione di principio, più che di «tigna» o di «braccino corto». Perché per Paul Allen, co-fondatore della Microsoft insieme all’amico Bill Gates, quei 15mila euro (al cambio 20mila dollari) che da giovedì tutte le imbarcazioni da diporto superiori ai 60 metri devono pagare come imposta una tantum per attraccare dall’1 giugno al 30 settembre in uno scalo sardo, sono soltanto nuts, noccioline. Spiccioli, insomma.
Così ora, il timore diffuso tra gli imprenditori turistici locali è che la gabella voluta dal governatore dell’isola, l’imprenditore telefonico Renato Soru, oltre che dirottare verso altri lidi le spese per vitto, varie ed eventuali di Allen, dei suoi ospiti e dei 60 uomini di equipaggio del suo esagerato «Octopus» (127 metri di lunghezza, 2 elicotteri, 7 tender più un piccolo sommergibile per 8 persone con autonomia di 2 settimane in immersione), possa fare altrettanto con i soldi di migliaia di altri diportisti. Vanificando di fatto lo stesso scopo ufficiale dell’imposta così come lo aveva annunciato il governatore in fregola di Robin Hood. Ovvero raccogliere risorse «per un fondo regionale per lo sviluppo e la coesione territoriale».
A dirlo chiaro e forte è Anton Albertoni, presidente dell’Ucina, l’Unione dei cantieri e delle industrie nautiche e affini, che giudica l’iniziativa di Soru «un danno per l’economia turistica sarda e italiana a fronte di benefici che appaiono davvero limitati». Secondo Albertoni, infatti, «anche se per assurdo ancorassero in Sardegna tutte le imbarcazioni iscritte nei registri navali italiani, il gettito dell’imposta si aggirerebbe intorno ai 20 milioni di euro dai quali, peraltro, si dovrebbero detrarre i costi di gestione come i controlli e la riscossione». E proprio questa, ricorda il presidente dell’Ucina, era stata una delle ragioni che aveva portato all’abolizione della vecchia tassa di stazionamento: il gettito era inferiore ai costi per incassarlo.
Così ora la protesta monta. Insieme ai sospetti. Come quello che ronza nella testa di Ugo Cappellacci, assessore alla Programmazione e finanze del Comune di Cagliari. Che riferendosi all’altro fronte del prelievo forzoso di Soru, cioè quello sulle case dei non residenti, ricorda come «questa imposta la devono pagare le persone fisiche e le società non quotate in Borsa, mentre ne sono esentate quelle presenti nel listino di Piazza Affari. Circostanza che, o non risponde a una logica particolare, oppure ti fa pensare in termini maliziosi - dice l’assessore -. Perché se è vero che Tiscali, la società di Soru, è quotata, anche se senza il ruolo di cassaforte per questo tipo di proprietà, si potrebbe pensare che l’esenzione possa essere stata un piacere fatto a qualche amico. O a qualche socio in affari».
Comunque, si diceva, la protesta. Un’azione collettiva, in tal senso, dovrebbe essere decisa la prossima settimana a Cagliari, in un vertice ospitato dal sindaco della città, Emilio Floris, e a cui prenderanno parte i suoi colleghi di tutti i comuni costieri sardi. Perché come ricorda ancora l’assessore Cappellacci, «il turismo è la nostra prima industria, è una risorsa naturale dell’isola».
Ad avere le idee già ben chiare è il primo cittadino di Castelsardo (Sassari), dove da giovedì una barca di 14 metri è costretta a pagare la tassa. «Così ci annientano», dice allarmato. E annuncia la sua contromisura: «Allora io aumento le tasse per i sardi, mentre le diminuisco per i non residenti, e studiando anche il modo per rimborsargliele». E che il rischio di annientamento per l’industria turistica sarda sia concreto, lo conferma il primo cittadino di Santa Teresa, Piero Bardanzellu, rendendo nota la disdetta di 26 imbarcazioni francesi che erano attese a giorni nel porto della località gallurese. La paura diffusa è che il governatore Soru finisca così per «fare un regalo alla Croazia e alla Grecia», oltre che alla vicinissima Corsica, come paventa il direttore della Marina di Portorotondo, Gian Battista Morea d’Olmo.


E anche in Italia, altrove, c’è chi addirittura lo spera. Come il collega governatore del Veneto, Giancarlo Galan, il quale auspica che quella che lui chiama «una sorurata», si trasformi in un vantaggio anche per il turismo della sua regione.

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