«Sarkozy stia attento: per vincere non trascuri la Francia che conta»

L’intellettuale Alain-Gérard Slama: «Temo reazioni negative ai progetti liberisti. La paura dei dipendenti pubblici può condizionare il voto»

«Sarkozy stia attento; per vincere le presidenziali deve dare ascolto alla Francia che conta». Alain-Gérard Slama è uno dei grandi intellettuali della destra moderata francese. Membro del Comitato editoriale del Figaro, commentatore di France Culture, docente alla facoltà di Scienze Politiche la sua voce è molto ascoltata. Lui la Francia che conta la conosce benissimo, ma non è quella dell’élite uscite dalle Grandi Scuole, perlomeno non in un anno elettorale. È «la maggioranza silenziosa» che non fa mai parlare di sé. È quell’esercito di funzionari pubblici in grado di determinare il nome del successore di Chirac. A Milano per presentare il suo saggio La regressione democratica, pubblicato da Spirali, Slama ha concesso questa intervista al Giornale.
Perché tanta cautela nella sua analisi?
«Io mi auguro ovviamente un successo di Sarkozy, che in questa campagna elettorale sta dimostrando le sue notevoli doti politiche: è un eccellente comunicatore, è preparato e competente, ha un programma autenticamente liberale e sa restare in contatto con la società civile. Tuttavia temo che stia sottovalutando le capacità di resistenza di parti importanti dell’elettorato francese».
Dove sta sbagliando?
«Vedo due errori: il primo è di proporre il modello della discriminazione positiva per risolvere i problemi sociali. L’esperienza dimostra che queste soluzioni non risolvono nulla e anzi peggiorano la situazione. Si è creato nel Paese un meccanismo per cui si dà ascolto solo alle minoranze che alzano la voce, nonostante in realtà spesso non siano affatto rappresentative. Ho l’impressione che Sarkozy non abbia capito le insidie di questo processo: non è a quella Francia che deve rivolgersi ma a quella quieta, poco visibile, che però è maggioritaria. La Francia delle minoranze, del politicamente corretto, del multiculturalismo, dell’individualismo tribale, che è pericoloso per la stessa democrazia, vota a sinistra. La mia seconda inquietudine riguarda la reazione ad alcuni suoi progetti liberisti».
Teme che Sarkozy finisca come la Merkel alle ultime elezioni tedesche?
«È possibile, anche se paradossalmente in Germania Schroeder aveva già portato a compimento diverse riforme. Quando Sarkozy annuncia che non sostituirà un funzionario su due nell’amministrazione pubblica dimostra grande onestà intellettuale, ma rischia grosso. Questo è un Paese che ancora crede nel ruolo dello Stato e la prospettiva di una riduzione così netta dei dipendenti rischia di provocare un rigetto massiccio, non fosse che per paura».
Ma Ségolène Royal finora non è sembrata credibile...
«Ha commesso l’errore di pensare di poter fare tutto da sola e ha pagato un caro prezzo. Ma poi è riuscita a riscattarsi dando buona prova di sé durante il dibattito televisivo con cento cittadini; sull’onda, ha ricucito i rapporti con i leader del Partito socialista correggendo il programma. Insomma, è tornata in corsa, anche se non può più permettersi errori».
Il leader centrista Bayrou continua a salire nei sondaggi. Sarà lui la vera sorpresa?
«Rappresenta la Francia cristiana e sociale, ancora radicata in provincia. Al contempo Bayrou è profondamente ancorato ai valori della Repubblica. È molto ambizioso e questo finirà per costargli caro: non si può essere simultaneamente gollisti e democristiani. Otterrà un buon risultato al primo turno, ma non ha chances di arrivare al ballottagio».
E dunque chi vincerà al secondo turno tra Sarkozy e la Royal?
«La campagna è ancora lunga ed è azzardato fare pronostici. Sarkozy si muove con molta determinazione e gli è già riuscito un miracolo: di solito i candidati della maggioranza di governo uscente vengono puniti dagli elettori, questa volta no.

Tuttavia la mia sensazione è che Ségolène sia leggermente avvantaggiata grazie al voto delle corporazioni, delle minoranze, delle comunità, dei francesi che hanno paura di un cambiamento troppo drastico. Ovviamente spero proprio di sbagliarmi».

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