Scoprono dopo 20 anni i colpevoli di due stragi

Soltanto oggi individuati i killer della guerra di mafia che si combatté negli anni ’80

Gaetano Ravanà

da Agrigento

Una guerra spietata, una faida che lasciò sul campo centinaia di morti ammazzati in provincia di Agrigento a cavallo degli anni ’80. Da una parte Cosa nostra, dall’altra la Stidda, l’organizzazione criminale che si contrappose alla vecchia mafia, composta da giovani spietati killer, ma anche da uomini d’onore insospettabili. A distanza di circa vent'anni, su alcuni di quegli efferati omicidi, la magistratura ha concluso le indagini. Anche con l’ausilio di collaboratori di giustizia, le cui dichiarazioni hanno permesso agli inquirenti di fare luce su due stragi di mafia: il duplice omicidio avvenuto ad Aragona, il 1° dicembre 1984 e il triplice omicidio compiuto a Palma di Montechiaro il 25 aprile 1985. Ieri i carabinieri del nucleo operativo di Agrigento, al comando del capitano Massimo Cucchini, hanno notificato in carcere due ordinanze di custodia cautelare a Salvatore Fragapane, di Santa Elisabetta, arrestato nel settembre del '96 a Casteltermini e a Giuseppe Putrone, fratello di Luigi, arrestato un mese fa nella Repubblica ceca dopo una latitanza durata 8 anni, finito in manette il 17 marzo del '98 nel corso della prima operazione antimafia denominata Akragas.
A firmare le ordinanze è stato il gup del trinunale di Palermo Antonio Tricoli che ha accolto le richieste del pm della Dda Costantino De Robbio. I due sono accusati di aver fatto parte del commando di fuoco che ad Aragona uccise, il pastore Giuseppe Buscemi e il suo aiutante Alfonso La Mendola, quest’ultimo ammazzato perché scomodo testimone. Secondo il pentito Salemi, Buscemi fu ucciso perché accusato di avere mire espansionistiche in paese. Nel triplice omicidio di Palma, il 25 aprile ’85, morirono invece i fratelli Francesco e Salvatore Lupo e Giovanni Lumia, quest’ultimo vero obiettivo dei sicari, sospettato, secondo il racconto dei pentiti, di avere ucciso sempre a Palma Gerlando Caramazza. I fratelli Lupo pagarono con la vita il fatto di essersi trovati casualmente con Lumia. Salvatore Fragapane, di Santa Elisabetta, è in carcere dall’11 settembre ’96 quando la Dia, la Direzione investigativa antimafia di Agrigento, allora diretta da Giusy Agnello, lo catturò nelle campagne di Casteltermini. Fragapane fu tradito, forse, da una soffiata.

I corleonesi sospettarono del capoprovincia di Agrigento, Antonino Di Caro, «’u dutturi» che così fu ucciso da Giovanni Riina, il figlio del capo dei capi, e da Leoluca Bagarella, zio di Giovanni e cognato di Totò. Poi, dopo alcuni anni, si seppe che Di Caro non aveva nessuna colpa.

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