Però scrivesti: il Pds è il nemico

Caro Indro,
anzitutto una confessione. Il ritorno della tua firma, sia pure per una sola volta e per uno cambio di lettere, sulla prima pagina del Giornale mi commuove. Ho anticipato questo per dirti che rinuncio, tra noi, a un ping pong di repliche e controrepliche. Non ne ho voglia, e poi probabilmente ci rimetterei le penne: ti dimostri una volta di più - onore ai tuoi straordinari 92 anni - un maestro insuperabile della stoccata e della battuta.
Mi limito perciò a due veloci rilievi. Il primo è questo: il collage di frasi pronunciate durante la campagna elettorale che hai snocciolato è suggestivo ma a senso unico. Silvio Berlusconi è stato gratificato, da sette anni a questa parte, d’un campionato di sarcasmi e d’insulti sul quale si fonda gran parte delle biografie a lui dedicate. Evito di citarli perché sono notissimi: «re fustino» è stato il più garbato.
Secondo rilievo. Tu insisti sulla non pericolosità attuale del comunismo quale lo conoscemmo e lo avversammo negli anni Settanta e Ottanta, quando alle spalle del Pci stava la potenza militare e ideologica dell’Unione Sovietica. Ti do in buona parte ragione: quella stagione storica è finita. Ma do ragione anche a un «fondo» che scrivesti nel dicembre del 1993 e che, archiviando i passati errori comunisti perché non si può «continuare a vivere di fantasmi», così concludeva: «Noi combattiamo e seguiteremo a combattere il Pds - il più forte, e quindi il più pericoloso dei nostri nemici - come, se fossimo inglesi, combatteremmo il laborismo. Non per quello che il Pds è stato. Ma per quello che è».
L’Ulivo non è forse parente stretto del Pds e del laborismo? In ricordo di questa diagnosi disincantata e lucida speravo non che tu dessi il tuo voto al Polo, ma che ti astenessi.


Grazie ancora Indro per questo purtroppo breve ritorno tra noi. Ti assicuro che non avrò guai né per averlo provocato né per averlo festeggiato. In Paradiso o in terra i santi, credimi, ti vogliono bene. E te ne voglio anch’io. Tuo,

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