Scrutini al rallentatore: così la sinistra ha teso l’ultimo agguato a Cota

nostro inviato a Torino

Alle 17 il vantaggio c'è già anche se minimo, 48,1 contro 47,8 della «zarina» del Pd, Mercedes Bresso. Alle 18 Roberto Cota si alza sul sellino e la stacca di ben due punti. Che diventano due punti e mezzo alle 19. È partita la lenta, inesorabile progressione del candidato del centrodestra verso la volata finale: il traguardo della presidenza della Regione Piemonte. Ma, proprio quando i giochi sembrano fatti, poco dopo le 23, ecco che accade qualcosa di strano nei seggi della Torino tradizionalmente rossa. Cala infatti un curioso effetto freezing, come dire un congelamento decisamente sospetto, che porterà, da quel momento, a distillare, in oltre trecento sezioni, una scheda dopo l'altra con un andamento lento da record olimpico. Rumoreggiano i militanti della Lega che, con la loro incontenibile carica, stipano il cortile-garage della sede di via Poggio, senza concedere spazi minimi di respirazione.
Ed è a quel punto che Mara, l'irriducibile supporter del quartiere Barriera di Milano, che stringe fra i denti per l'alta tensione, il suo inseparabile foulard verde, parla «di schifosi tentativi di annullamento di alcune schede a favore di Cota che io stessa, urlando con il presidente di seggio, sono riuscita a mandare a monte».
È il giallo virato di rosso che farà dire a Roberto Cota, quando finalmente alle due del mattino l'incubo sarà finito: «Abbiamo vinto anche contro chi ha cercato di giocare sporco, anche contro chi ha rimescolato le carte sul tavolo per vincere la partita irregolarmente, sponsorizzando persino liste-patacca solo per sottrarci i voti. Nove ricorsi nove abbiamo dovuto presentare per disinnescare questi agguati».
L'interpretazione del giallo consumatosi nella lunga, estenuante notte torinese è univoca: «Ci hanno provato - tuona durante la festa in piazza Castello Anubaker, l'operaio italo-libico che nella Lega ha trovato nuovi inaspettati amici -, ci hanno provato con il passaparola tipico dei comunisti, hanno dato l'ordine a tutti i loro di passare sotto la lente ogni scheda per Cota. Ma anche così non sono riusciti a vincere». Quindi quando alle due arriva l'applauso liberatorio e scattano i coretti «chi non salta comunista è», partono anche bordate di fischi e insulti a una Mercedes, imballata, Bresso che non riesce a dire altro, davanti alle telecamere, che un «chiederemo il riconteggio dei voti perché il distacco è minimo, e poi anche perché c'è stato tanto voto disgiunto che sembra aver creato dei problemi e diverse schede nulle».
Le replica subito Cota: «Siamo noi che non ci fidiamo di loro». E ieri al telefono, da Roma, con un filo di quella voce che gli è rimasta, ribadiva il concetto: «Il giallo dei rallentamenti nello spoglio delle sezioni torinesi non può far pensare altro che all'ennesimo tentativo di boicottarci. Il problema vero è che la Bresso, peraltro l'unica a Torino dello schieramento politico opposto che non mi ha ancora telefonato per congratularsi come dovrebbe fare ogni avversario leale, non si rassegna. Non ha capito che è stata proprio lei a perdere. Non ha capito che a Torino la sua lista ha preso meno voti della mia, che la gente non la vuole più. Le ha dato il foglio di via. Dovrebbe anche sapere che il riconteggio delle schede non è previsto dalla legge a meno di far ricorso al Tar sulla base di uno specifico, circostanziato e provato episodio. E semmai ci fosse riconteggio, stia tranquilla l'ex presidente che saremmo noi ad avere più voti, perché troppe schede sono state dichiarate nulle con discreta disinvoltura in certe sezioni di Torino».
L'aria è cambiata, ognuno stia al suo posto. Mercedes Bresso se ne faccia una ragione. Il messaggio del neo governatore della Regione Piemonte, Roberto Cota è chiaro, chiarissimo. Limpido come la sua vittoria da fotofinish certo, ma che qualche mano, probabilmente molte mani, hanno cercato fino all'ultimo, nella maratona elettorale di lunedì, di procrastinare disperatamente. Non per nulla la Bresso ha ripetuto fino alle due del mattino come un automa: «Bisogna ancora vedere come finisce». E risvegliandosi poco a poco, ieri ha lanciato il suo nuovo anatema: «La nostra non potrà che essere un'opposizione dura, perché con la Lega non è ipotizzabile un'opposizione moderata e dialogante».


Decisamente un clima sereno attende quindi Roberto Cota a Palazzo Lascaris se si pensa che già lunedì, prima della chiusura delle votazioni, sono arrivati quasi alle mani il senatore Enzo Ghigo, ex governatore del centrodestra, e il vicepresidente uscente della Regione Paolo Peveraro. Oggetto del violento battibecco un'auto con a bordo (bene in vista) del materiale elettorale dell'esponente Pd parcheggiata nei pressi dei seggi di via Biancamano. Ma non erano anche cortesi, un tempo, i piemontesi?

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