Se nel poker dell'arte non c'è un vincitore

«L'ultimo dei Weinfeldt» di Martin Suter, in testa alle classifiche in Europa, rivive le tristi gesta dell'erede di una nobile famiglia. E il protagonista, dopo aver incontrato una sconosciuta che sconvolge la sua vita, sembra rimanerne succube

L'ultimo dei Weinfeldt è un mercante d'arte. Un uomo solo. Solo con i suoi soldi. Solo con la sua aridità. Solo con una vita vuota. Solo con i suoi ricordi. Adrian, questo il suo nome, ha una vita piatta, una di quelle vite fatte così... Adrian è giovane, forse anche bello. Adrian è un Gatsby in miniatura. Adrian è un uomo rimasto solo in mezzo a una folla di persone che sembra conoscere ma gli sono estranee. Quello di Adrian è il racconto di una vita triste, che si è spezzata quando si è spezzata un'altra vita, quella della moglie. Adrian ha reagito puntando tutte le sue carte sulla monotonia. Ha scelto ritmi uguali. Un tempo unico. Tratti monocordi. Tutto inevitabilmente identico, per cristallizzare i giorni. Per non farsi rapire dal pensiero. Dai ricordi.
Poi in una sera qualunque si catapulta nella sua vita la scombiccherata Lorena, donna vulcanica. Ma anche priva di un baricentro. In cerca perenne di una se stessa che le è estranea. Cerca soldi e forse amore. Trova i primi, si brucia il secondo. Usa Adrian vendendo i suoi segreti a usurai finti e papponi veri. Ma la tresca viene smascherata, alla luce di un'asta che, attraverso la vendita di un ambito dipinto di cui erano in circolazione molti esemplari falsi, avrebbe dovuto procurare i soldi per la vecchiaia a un tranquillo signore che nulla aveva più da chiedere alla propria esistenza.
Due vite a confronto, Adrian e Lorena, sono gli emblemi della monotonia e dell'azzardo. Gli aspetti speculari della rettitudine e della disonestà. Di chi si è lasciato andare perdendo se stesso e di chi ha perso se stesso lasciandosi andare, preda della propria debolezza. Alla fine Lorena e Adrian saranno gli sconfitti. Identico destino, dunque, per scelte autonome e vite autonome che sanno di amaro. Itinerari diversi per il medesimo punto di arrivo. Lorena e Adrian finiscono inghiottiti nelle loro stesse esistenze sballate. Quella psicologicamente sbalestrata di Adrian e quella completamente priva di principi di Lorena. È il romanzo degli sconfitti quello che lo scrittore e sceneggiatore televisivo svizzero Martin Suter ha creato con «L'ultimo dei Weinfeldt» (Sellerio, pp. 331, 14 euro) attualmente in testa alle graduatorie dei libri più letti nella Confederazione. Ambientata fra Italia e Svizzera, la trama si svolge tra il mondo dell'arte in cui collezionisti e mercanti si incontrano al crocevia di sogni fatti di banconote che pesano aspirazioni, ambizioni e successi ma spesso sono anche il prezzo di sconfitte cocenti. Il mercato resta infatti perennemente su uno sfondo fosco lasciando in primo piano Adrian e Lorena con le loro scommesse, i loro tentativi di superarsi, le loro esitazioni, le difficoltà. Poi verrà l'ora dello scontro frontale. Il momento in cui i giocatori scoprono le carte e solo allora si scoprirà che nel poker della vita Adrian e Lorena sono gli sconfitti di destini che loro stessi hanno contribuito a costruirsi giorno dopo giorno. Lui nell'eburnea torre di un lavoro che lo ha reso estraneo ai sentimenti e ai rapporti umani. Che viaggia come un automa in un mondo che corre a un ritmo molto più forsennato del suo. Lei prigioniera dei suoi errori.

Del suo passato che non è mai sfociato in un presente vero, fatto di certezze. Di un'esistenza sterile. Adrian e Lorena, sono perfino due incompiuti, ombre di loro stessi, contrafforti di un insuccesso che ha un solo esito e i loro volti.

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