Se il Pdl è diviso il resto è sgretolato

Chi si indigna per la bufera interna al Popolo della libertà, se guardasse in casa propria troverebbe ben di peggio. Dal Pd, dove le ostilità sono iniziate il giorno della fondazione, ai malumori in Fli e Udc: ecco come stanno gli altri partiti

Se il Pdl è diviso 
il resto è sgretolato

Maionese impazzita? Addirittu­ra? Per descrivere l’ultimo scon­tro nel Pdl l’austero Corriere della Sera veste i panni di Benedetta Pa­rodi: cotto e mangiato, il com­mento viene servito d’antipasto proprio come un vitel tonné. Ma il menu si presenta ricco e abbon­dante, perché non c’è quotidia­no, editorialista, politico di pri­mo o di secondo piano che non abbia voluto dire la sua sul «caos nel centrodestra», la «confusione», la «bufera» e il «fuoco amico», che poi è solo la «punta dell’iceberg»(copyright Casini) dei «sospetti reciproci» (copyright Bersani); è chiaro che il Pdl è in preda a «sfoghi», «veleni», «attacchi », «si aprono le ostilità», c’è la «caccia al Divo» e pure la «Tremontana ». Insomma, per farla breve, sono «tutti impazziti». Proprio come la maionese.

Ora nessuno vuole mettere in dubbio che nel centrodestra ci sia un livello di litigiosità da far apparire Sgarbi un agnellino pasquale. E, come sapete, il Giornale non ha mai nascosto nulla degli scontri all’interno del Pdl, tanto è vero che proprio su queste colonne, mica altrove, è stata pubblicata l’intervista al ministro Galan che ha dato la stura ai commentatori riuniti nel nome della maionese. Però, ecco, ci sia concesso, in questo clima da veglia in San Pietro, ricordare il detto evangelico della trave e della pagliuzza. Ci pare infatti che molti di quelli che s’indignano per la bufera altrui, se guardassero in casa loro troverebbero come minimo uno tsunami. Altro che maionese impazzita: con i loro ingredienti non riuscirebbero a fare manco due uova sbattute.

Prendete Bersani. Si preoccupa assai dei «sospetti reciproci» del centrodestra, e questo suo altruismo è senza dubbio apprezzabile. Ma paredifficile che lui possa avere suggerimenti validi per risolvere i problemi, dal momento che i «sospetti reciproci » del Pd stanno a quelli del Pdl come un ippopotamo a un criceto. Per informazioni chiedere a Veltroni, che firma con Pisanu un accorato appello per il «governo di decantazione » accolto dai suoi al suono delle pernacchie. Oppure a D’Alema e a Rosy Bindi che da settimane si scazzano sulla necessità di un’opposizione di piazza oppure di Parlamento, mentre il partito sbanda pericolosamente correndo dietro a chiunque passi accanto, da Vendola a Di Pietro passando per Casini, Pippo,Pluto,Paperino e Flores d’Arcais. «Fuoco amico»? «Veleni»? Per quanto s’impegnino i galli del Pdl non riusciranno mai a competere. Quelli del Pd sono degli scienziati, dei professionisti, dei laureati. Hanno il master in caos del partito.

A ben vedere l’unica cosa che non si può dire è che fra i democratici «si aprono le ostilità». Ma solo perché lì le ostilità sono aperte ormai da un bel po’. Praticamente, da sempre. Per carità, nel centrodestra ci stanno mettendo un sacco di impegno a complicarsi la vita. Ma se non altro hanno un vantaggio: c’è un leader. E, dunque, alla fine la confusione, per quanto diffusa, ha un limite chiaro: se ci fossero le elezioni domani, il nome del candidato sarebbe sicuro. Chi è invece il numero uno del centrosinistra? Bersani, il segretario senza carisma? O Vendola, quello che «pensa scritturalmente» ed è «diventato comunista pensando ai diritti degli animali»? Strano: persino l’ Espresso scrive che la «stella di Nichi è appannata». In effetti sta perdendo terreno ogni giorno che passa, e qualcuno comincia a pensare sommessamente che, per candidarsi a governare il Paese, uno dovrebbe dimostrarsi prima in grado di governare la propria regione. O, almeno, di non devastarla del tutto.

Così la confusione cresce. Bersani mah, Vendola boh. E allora? Saviano prima viene lanciato e subito dopo abbattuto, quindi si fanno nomi prestigiosi (Mario Monti), si solleticano ritorni (Prodi), poi si guarda al nuovo (si fa per dire) astro Luchino Montezemolo, che però ha più scheletri nell’armadio che lacca sui capelli.«Ci vorrebbe un’alternativa », dice l’ Espresso. E commenta amaro: «Eppure l’opposizione non riesce a costruire un progetto anti-Silvio. A partire dalla scelta del leader ». Tutti contro tutti, l’un contro l’altro armati. Appena uno mette fuori la testa, pum, viene subito impallinato. E poi parlano di «confusione » altrui? Di «fibrillazioni»? Proprio loro? Quelli che non riescono a mettersi d’accordo nemmeno quando devono ordinare un panino al bar?
Da che pulpito. E il resto dell’opposizione non è messa meglio. Casini, per esempio, si esibisce sulla «punta dell’iceberg»ed è molto affascinante in questo suo ruolo da Folco Quilici, piccolo Jacques Cousteau del Parlamento. Però, ecco, se davvero volesse scoprire le profondità dell’iceberg, potrebbe rimanere realmente di ghiaccio: nel suo partito, in effetti, ci sono molti che, non avendo il sostegno di Caltagirone alle spalle, non vedono di buon occhio questo prolungato isolamento dell’Udc lontano da assessorati e poltrone. Si agitano assai. E l’Idv? Perde i pezzi, si spacca su De Magistris, litiga con Di Pietro-Tranfaglia, e lascia scie di polemiche su «questione morale» e «ricattatori». E il Fli-flop? Stendiamo un velo pietoso: è l’unico partito al mondo na-to morto, squassato fin dai primi vagiti, profondamente diviso fra movimentisti alla Granata e moderati alla Urso-Ronchi, così stanchi delle risse da essere pronti (dicono) a innestare la retromarcia. Anche loro, evidentemente, si rendono conto che la maionese del Pdl, per quanto impazzita, continua a essere il più digeribile di tutti i piatti che passa il convento.

Gli altri, a ben guardare, sono polpettoni avvelenati. Questo nessun giornale l’ha scritto, nessun politico l’ha detto. Ma è evidente: per il centrodestra sarà forse un problema essere in confusione. Per gli altri è già un problema essere.

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