La cardiologia italiana è prima in Europa e tra le prime del mondo. Il merito è dei grandi maestri di ieri e di oggi. Tra questi ultimi (Condorelli, Maseri, Folli, Neri Serneri, Rovelli, Zanchetti, Prati, Alfieri, Agabiti Rosei, Mancini, Rosei, Fedele, Volpe, Guazzi, Marenzi) il posto d'onore spetta al professor Giuseppe Mancia, cattedratico a Milano Bicocca e autore di studi apparsi sulle più autorevoli riviste scientifiche di tutto il mondo.
Folgorato sulla via di Siena dal magistero di Cesare Bartorelli, Mancia ha raggiunto a Milano traguardi importantissimi che lo hanno portato alla presidenza delle grandi Società (italiane, europee, internazionali) dell'ipertensione. L'anno scorso è stato coordinatore per l'Italia del summit che ha dettato le nuove linee-guida riguardanti questa patologia. Parliamo dunque di ipertensione, spesso muta, sempre pericolosa. «È il punto centrale della Medicina moderna», dice. «Basti pensare che colpisce il 30% degli adulti e il 60% degli anziani. Non curata, o curata male, può provocare l'infarto, l'ictus cerebrale, le aritmie, l'insufficienza renale, la morte improvvisa. Bisogna curarla, senza interruzioni».
Sul piano terapeutico, continua, si è affermato il principio di agire con un cocktail di farmaci anziché con uno solo. Gli studi condotti in proposito, anche in Italia, hanno confermato che questa è la strada giusta. Mancia tiene a sottolineare il ruolo del medico di famiglia, che dovrebbe sempre misurare la pressione arteriosa dei suoi pazienti. Nei Paesi Scandinavi, dice, ogni medico è tenuto a fare questo controllo anche se nel suo ambulatorio si presenta un soggetto che soffre di altre patologie. In Italia, purtroppo, questa regola non c'è e noi cardiologi facciamo fatica a farla accettare. Le recenti linee-guida abbassano i livelli della «minima» (90) e della «massima» (130), con qualche tolleranza di cinque o sei gradi in più; ma il professor Mancia ricorda che spesso l'ipertensione si accompagna ad altri preoccupanti fattori di rischio come il diabete, l'obesità, l'eccesso di colesterolo nel sangue, l'aritmia. In questi casi, spiega, bisogna raggiungere gli 80 di minima e i 120 di massima. La raccomandazione vale soprattutto per i soggetti anziani.
Per concludere: l'ipertensione arteriosa è una brutta bestia, ma si può domare. Una diagnosi precoce (ci pensino i medici di famiglia) e una terapia d'attacco «globale» riescono ad evitare le più gravi complicazioni, assicurando una vita serena. Di questo e d'altro, gli specialisti italiani parleranno nei grandi appuntamenti, nazionali e internazionali, del 2008. Il 28 febbraio, a Chicago, comincerà il congresso dell'American College of Cardiology, con più di trentamila esperti.
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